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Achille Alberti

Persona

scultore

, Milano / , Camnago, Monza e Brianza


Biografia   

Achille Alberti (Milano, 12 marzo 1860 – Camnago, 15 luglio 1943) è stato uno scultore italiano.

Achille Alberti studiò arte all'Accademia di Brera, dove in seguito fu docente.[2] Come altri compagni di studio, tra cui Magni e Ripamonti, produsse numerose sculture ad ornamento delle tombe nel cimitero monumentale di Milano.[3] Inizialmente si dedicò a temi sociali, realizzando sculture e monumenti che gli permisero di guadagnarsi notorietà internazionale.

Nella pittura, invece, esprimeva la sua passione attraverso paesaggi, nature morte e ritratti. Nel 1930 a Milano espose gessi, marmi e bronzi, una trentina di tele, fino ad allora sconosciute[4]. Fu anche disegnatore per opere litografiche.

Nel 1891 ricevette due premi alla Triennale di Milano per la scultura bronzea Ignavia, ispirata a temi danteschi,[5] che fu poi esposta a Vienna nel 1894 e che è oggi conservata a Busto Arsizio, nella Villa Ottolini.[2] Nel 1892 un suo bassorilievo Le Odi di Pindaro fu esposto a Monaco di Baviera, mentre nel 1900 prese parte all'Esposizione Universale di Parigi. I suoi lavori furono oggetto di interesse ed ammirazione, procurandogli premi in occasione di tutte le esposizioni, italiane od europee, cui partecipò.[2]

In quegli anni Alberti firmò un bassorilievo che riproduceva fedelmente il progetto neogotico di Giuseppe Brentano per la facciata del Duomo di Milano e che fu poi posizionato all'interno della chiesa stessa.[1][2]

L'Alberti fu molto apprezzato dai seguaci di Jean Royère e del suo "musicismo scultoreo" come Giuseppe Cartella Gelardi che ne fu un attento ma appassionato critico.[6] A lui si devono le grandi statue sulla facciata del palazzo della Borsa di Milano, costruito nel 1901, in cui è possibile cogliere segni d'una sensibilità eclettica

Nel 1930 si tenne una mostra retrospettiva a lui dedicata nella Galleria Pesaro di Milano.
Morì a Camnago, in provincia di Milano, il 15 luglio 1943. Molte sue sculture fanno parte del patrimonio catalogato della Ca Granda[7].

fonte: wikipedia

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