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Margherita Sarfatti

Persona

critico

, Venezia / , Cavallasca, Como


Biografia   

Margherita Sarfatti, nata Margherita Grassini (Venezia, 8 aprile 1880 – Cavallasca, 30 ottobre 1961), è stata una scrittrice e critica d'arte italiana, nota anche per la sua relazione con Benito Mussolini, del quale scrisse una delle prime biografie agiografiche, intitolata Dux.
Ultima di quattro figli, nacque da una ricca e nota famiglia ebraica. Il padre, Amedeo Grassini, era una personalità di grandissimo spicco: avvocato e consigliere comunale, amico del patriarca Giuseppe Sarto (il futuro papa Pio X), condusse, con Giuseppe Musatti, una fiorente carriera imprenditoriale: fondatore della prima società di vaporetti di Venezia, costituì anche un gruppo finanziario per avviare la trasformazione del Lido in località turistica. Il prestigio dei Grassini crebbe ulteriormente quando lasciarono il Ghetto per trasferirsi nello storico palazzo Bembo, sul canal Grande (1894).
Margherita, già di sua natura assai dotata, ebbe un'ottima istruzione, parlando correntemente 4 lingue. Fu educata in casa e poté usufruire di insegnanti quali Antonio Fradeletto, Pietro Orsi e Pompeo Gherardo Molmenti. Grazie alla posizione del padre, ebbe inoltre modo di conoscere personalmente numerosi letterati quali Israel Zangwill, Gabriele D'Annunzio e i Fogazzaro. Per quanto riguarda le sue origini, la Grassini visse un rapporto ambiguo con l'ebraismo: orgogliosa delle proprie origini da un lato, distaccata dal punto di vista religioso al punto da convertirsi al cattolicesimo. Questa tormentata situazione personale fu comune a tutti i fratelli Grassini e giunse all'esasperazione con la sorella Lina, suicida nel 1909.

Nel 1898 sposò l'avvocato Cesare Sarfatti, militante socialista, e ne assunse il cognome, con cui firmò tutte le sue opere. Nel 1902 si trasferisce a Milano, scrive sull'Avanti della Domenica e dal 1909 è direttrice della rubrica dedicata all'arte sull’Avanti!, organo di stampa del Partito socialista italiano. Tra il 1902 e il 1905 collabora con il periodico Unione femminile, organo di stampa della omonima organizzazione, impegnata per l'emancipazione femminile.
Nel 1912 Anna Kuliscioff fonda e dirige la rivista La difesa delle lavoratrici alla quale sono chiamate a collaborare le donne socialiste italiane; anche la Sarfatti si rende disponibile a fornire il suo contributo sia con articoli, sia con sovvenzioni personali in denaro. Nello stesso anno incontra Benito Mussolini, allora dirigente del PSI ed in procinto di divenire direttore dell'Avanti!, e nasce tra i due una simpatia che si trasformerà in un sentimento più profondo. Tale sentimento porterà la Sarfatti sempre più vicina alle posizioni di Mussolini in qualsiasi modo queste si evolvano[1] fino a divenire, nel 1918, redattrice de Il Popolo d'Italia, quotidiano fondato e diretto dal futuro dittatore.

Il 28 gennaio 1918 suo figlio Roberto, volontario nella prima guerra mondiale, caporale nel VI Reggimento Alpini, venne ucciso, non ancora diciottenne, nel corso di un assalto sul Col d'Ecchele, sull'Altopiano di Asiago, durante la prima Battaglia dei Tre Monti. A ricordo dell'episodio, per il quale al giovane fu conferita una medaglia d'oro al valor militare, Margherita fece erigere sul luogo dove Roberto era morto un monumento funebre, opera dell'architetto Terragni[2].
Il suo salotto milanese intorno agli anni venti era frequentato da molti intellettuali ed artisti. Nello stesso periodo divenne direttrice editoriale di Gerarchia, la rivista di teoria politica fondata da Benito Mussolini. Nel 1922 fondò con il gallerista Lino Pesaro e gli artisti Anselmo Bucci, Leonardo Dudreville, Achille Funi, Gian Emilio Malerba, Pietro Marussig, Ubaldo Oppi e Mario Sironi il cosiddetto Gruppo del Novecento, le cui opere furono esposte per la prima volta nel 1923 alla galleria Pesaro di Milano.
A causa della sua adesione al fascismo - sancita nel 1925 dalla sottoscrizione al Manifesto degli intellettuali fascisti - alcuni artisti si allontanarono non condividendo il progetto della Sarfatti di contribuire alla nascita di una cosiddetta arte fascista. Tuttavia, malgrado le polemiche, alla successiva mostra che si tenne nel 1926 aderirono tutti i maggiori artisti italiani.
Divenuta vedova nel 1924, la Sarfatti si dedicò alla stesura di una biografia di Mussolini. Il testo - rivisto accuratamente dallo stesso Mussolini[3] - fu dapprima pubblicato nel 1925 in Inghilterra col titolo The Life of Benito Mussolini e l'anno successivo in Italia col titolo Dux. Per la notorietà del personaggio e per la familiarità dell'autrice con il dittatore, il libro ebbe un incredibile successo di vendite (17 edizioni) e fu tradotto in 18 lingue, compreso il turco e il giapponese.
Per quanto discreta (e non esclusiva), la relazione tra la Sarfatti e Mussolini continuò nel decennio successivo, fatta di incontri segreti a Palazzo Venezia, non mancando di suscitare in più di un'occasione le gelosie di Rachele Mussolini.[4]
Nel 1934 la Sarfatti si recò negli Stati Uniti, accolta ufficialmente alla Casa Bianca da Eleanor Roosevelt con gli onori riservati alla moglie di un capo di stato. Ma i rapporti con Mussolini si deteriorano rapidamente in quegli anni, con la svolta intransigente della politica fascista. In una relazione in cui politica e passione furono sempre strettamente connessi, anche la separazione fu al tempo stesso politica e privata. Sarfatti si oppone all'avventura coloniale e all'alleanza con Hitler; Claretta Petacci ne prende il posto di prima amante. Nel 1936 Mussolini le fece intendere che non sarebbe stata più ricevuta a Palazzo Venezia.[5]
Con la promulgazione delle leggi razziali nel 1938, la Sarfatti si allontanò dall'Italia evitando, in tal modo, di essere travolta dal crollo del regime. Si trasferì in Argentina ed Uruguay ove lavorò come giornalista a Montevideo.[6] La sorella Nella Grassini Errera, rimasta in Italia, è deportata con il marito e muore ad Auschwitz.[7]
Margherita Sarfatti rientrerà solo nel 1947, a guerra finita e con il ripristino delle libertà democratiche. Vivrà appartata nella sua villa di Cavallasca, presso Como, sino alla morte, avvenuta all'età di ottantuno anni, nel 1961.
L'archivio di Margherita Sarfatti è conservato all'Archivio del '900 del Mart di Rovereto.

fonte: wikipedia

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