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Giovanni Monticini

Persona

ballerino


Biografia   

MONTICINI. – Dinastia di ballerini e coreografi. Tra i rappresentanti più significativi, il primo ricordato è Giovanni, del quale non si conoscono le date di nascita e morte. Probabilmente toscano, è segnalato per la prima volta come «figurante» al teatro Cocomero di Firenze nel Carnevale 1777; nove anni dopo fu terzo ballerino a Siena, teatro degli Intronati, e l’anno successivo si esibì a Parma nella stagione di primavera in qualità di primo mezzo carattere: da quel momento danzò in ruoli da protagonista con i coreografi che fondarono la Scuola italiana di ballo pantomimo: Giuseppe Traffieri, Eusebio Luzzi, Domenico Ricciardi. Nell’estate 1789, al teatro Dolfin di Treviso, incontrò Teresa Marzorati che sposò entro il successivo autunno e con la quale formò una quotata coppia di primi ballerini. Nel 1790 iniziò l’attività di coreografo al teatro Balbi di Mestre, di cui fu anche impresario; la sua produzione, ininterrotta fino al 1819, coprì tutti i grandi teatri e comprende una sessantina di titoli tra balli storici e di mezzo carattere. Si esibì anche in Spagna, tra il 1795 e il 1797. Fra i lavori di maggior successo: La fata Urgella (Milano, teatro alla Scala, 1793), Eloisa e Wajson o siano Gli avvenimenti fortunati (Venezia, teatro S. Benedetto, 1798), Matilde o La donna selvaggia (ibid., 1800, basato sulla commedia omonima di Giuseppe Foppa), Gengiskan (Milano, teatro alla Scala, 1802), La morte di Tipoo-Saib o la frode punita (ibid., 1804). Mescolò vari generi, convinto che «i Balli misti, abbelliti dalla forza della Mimica, possano ottenere con più facilità il pubblico aggradimento» (Sifrido Duca di Treveri, Cremona, teatro della Concordia, Carnevale 1819, p. 3).

La produzione di balli pantomimi di Monticini si colloca tra la rivoluzione apportata da Jean-Georges Noverre e Gasparo Angiolini e quella del coreodramma di Salvatore Viganò. Ben conscio di essere un buon coreografo, ma non un innovatore («non ebbi giammai intenzione di farmi Riformatore», dice nell’Avvertimento al rispettabile Pubblico nel programma del ballo Cesare in Egitto, Venezia, teatro La Fenice, Carnevale 1812, p. 30), ebbe per musa ispiratrice la moglie: su di lei costruì il personaggio della fanciulla che, segretamente sposata a un uomo avversato dal padre e dal quale ha avuto un bambino, va incontro a persecuzioni e disavventure, con un consolante lieto fine (Eloisa e Wajson, Le avventure di Adelia, Sourcoum e Dugmè), o quello della moglie ingiustamente accusata di tradimento, coniugale o politico, dal consorte (Matilde o La donna selvaggia, Sifrido Duca di Treviri). I suoi lavori vennero più volte riprodotti fino alla metà del secolo XIX.

fonte: dizionario biografico degli italiani, voce a cura di Rita Zambon (treccani.it)

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