Giuseppe Braga
Persona
compositore
, Giulianova, Teramo / , Roma
Biografia
fratello di Gaetano Braga
Giuseppe Braga, il fratello d’arte
Fu pianista, di carattere diverso da Gaetano, il Re del Violoncello
di Ludovico RAIMONDI
Gaetano Braga, il Re del Violoncello dell’ottocento, ebbe un fratello d’arte, Giuseppe. Nel suo volume Gaetano Braga, Da’ ricordi della sua vita, lo storico ed umanista Vincenzo Bindi ci riferisce che Peppino, come lo chiamavano gli amici ed i concittadini, fu “pianista compositore tra i più valorosi del suo tempo. Pochi lo eguagliarono nella morbidezza del tratto, nella dolcezza dell’espressione, nel colorito e nella soavità del canto[1]”.
Di converso, Bindi si rammarica nel constatare, mettendo il dito sulla piaga del nemo propheta in patria, che il più giovane Braga, morto alla precoce età di 39 anni, fosse “un altro giuliese non pervenuto a durevole fama, ma che ebbe distinto talento di compositore e di pianista” come riprende anche l’altro storico Riccardo Cerulli in Giulianova 1860 che, tuttavia, riporta anche una definizione di “pianista bizzarro” sul conto delle doti di Giuseppe[2]. Quel talento si manifestò in “pregiate composizioni musicali, tra le quali mi piace ricordare — elenca Bindi — quelle intitolate Barilotto, Barcarola, Pianger ti vidi, L’estrema volta è questa, Una gavotta, Rammenta nell’esilio, oggi del tutto dimenticate. Valgano queste parole a tenere desto nell’animo dei miei concittadini il ricordo dell’amico diletto, col quale divisi le gioie della mia giovinezza e trascorsi i più lieti e sereni giorni della mia vita”, è il tributo che l’autorevole umanista riserva alla memoria dell’artista suo amico che, di fatto, non solo il talento distinse quant’anche una porzione personale di considerazione e di apprezzamento che egli seppe ritagliarsi, tanto che “famosi furono i trionfi che Egli ottenne a Pietroburgo, Vienna, Londra, Ginevra, Parigi. Fu amico del Conte Koncheleff, parente dello Zar di Russia, e del Barone de Rotschild”[3]. Probabilmente, come per solito avviene all’ombra di padri o famigliari più famosi, Giuseppe pagò un qualche pegno alla sorte per essere fratello minore di Gaetano, il quale all’epoca era una stella nel firmamento della musica e dei salotti culturali italiani ed europei. Non di meno, a limitare le fortune del pianista fu la brevità della sua esistenza. Nato a Giulianova il 23 gennaio 1839 dal calzolaio Isidoro e Splendora De Angelis, Giuseppe Braca[4] morì in un ospedale di Roma, per malattia ed in miseria, il 20 maggio 1879[5]. Nelle pieghe della scarna documentazione biografica pervenutaci sul suo conto, si rintraccia il matrimonio con Rebecca Maria Grazia Pamela Ingoletta Caravelli, celebrato a Giulianova il 24 novembre 1872[6]. Sicchè, per seguirne le orme nel suo percorso artistico, professionale e privato, occorre affidarsi agli scritti del fratello violoncellista ed alla bibliografia che in essi ha trovato sorgente di ispirazione[7]. D’altro canto, Gaetano fu il sostenitore e il mentore di Peppino. Nel 1849, lo volle con sé a Napoli e a proprie spese “col poco denaro che guadagnava dando lezioni fuori dal Collegio, lo educò all’arte con ogni amorevole cura”: Giuseppe, assicura Bindi, “doveva poi illustrare l’arte stessa e il suo cognome come pianista di grande fama[8]”. Francesco Contaldi, trattando la stessa circostanza nel suo volume Arte Giuliese[9], svela alcuni lati del “caratterino” del più piccolo Braga, introducendoci in una vicenda umana e famigliare delicata, dolorosa, antipatica dalla quale affiora in superficie un antitetico modo di vivere e di pensare tra i due fratelli artisti. Essa si comincia a comprendere quando Gaetano, tra il 1849 ed il 1850, scrivendo due fantasie, una sui motivi del Guglielmo Tell ed un’altra su motivi del Poliuto, e procurandosi qualche lezione, si guadagnò sette ducati al mese, dai quali metteva da parte venti carlini da mandare all’adorata mamma. Chiamando Giuseppe a Napoli, Gaetano si sobbarcò “ad ogni sorta di sacrificii e privazioni per sopperire al suo mantenimento e fargli studiare il pianoforte sotto il buon maestro Francesco Lanza prima di presentarlo al Conservatorio. Le cure ch’egli ebbe allora per quel fanciullo indocile e vivo, l’interesse minuzioso e costante che spiegò per il suo avvenire hanno qualche cosa di materno, e basterebbero di per se soli a far additare Gaetano Braga come esempio di uomo, di figlio e di fratello[10]”. Solo dopo essersi accertato di avere sistemato Giuseppe, Gaetano nel 1851 lasciò il Collegio per Firenze. L’episodio del 1859, in occasione della prima rappresentazione de La Mendicante di Gaetano al Teatro Italiano di Parigi, è ancora più esplicativo delle divaricazioni che avrebbero segnato la sorte di ciascuno. Giuseppe raggiunse il fratello, che lo introdusse naturalmente nella migliore società parigina di cui era assiduo e osannato protagonista. Il violoncellista “che fino allora era vissuto soltanto per la sua famiglia, facendo sforzi ed imponendosi sacrifici per aiutarla, lo tenne presso di sé, dividendo con lui ogni sera gioie ed ogni sera amarezze. Forse il giovine, inesperto ed infatuato di sé, — asserisce Contaldi, facendo intuire qualche sgarro di Peppino — non corrispose pienamente all’affetto sincero, disinteressato e pieno di abnegazione del buon Gaetano, ma non per questo lui gliene volle male, che’ anzi si adoperò sempre per aiutarlo nella sua carriera e, quando lo seppe agiato e felice, ne godè più che di una propria gioia, come amaramente ne pianse la perdita immatura[11]”. Fu naturale che a Parigi anche Giuseppe cominciasse a frequentare la casa di Gioacchino Rossini, amico fraterno di Gaetano. In una delle lettere a Gaetano, pubblicate da Bindi, Rossini raccomandò di salutare “il germano” che il grande musicista pesarese accolse sempre “con deferente benevolenza[12]”. Successive testimonianze rileveranno, tuttavia, un Giuseppe Braga alquanto dissoluto, propenso alla bella vita, soprattutto in quel di Parigi. Nell’autunno 1862, l’artista organizzò un ricevimento al quale, oltre a Gaetano, parteciparono illustri personalità della cultura del tempo: Giovannina Lucca, Villemessant, Aureliano Scholl, Rochefort, Wolff, Paolo De Cassagnac, Monsolet, Eduardo About, addirittura Baudelaire[13]. Nel suo diario Ultime mie confessioni, nemmeno il violoncellista può fare a meno di sgusciare la sua diversità con il fratello, incitando il nipote prediletto “Tanuccio”, Gaetano figlio del fratello Francesco e suo erede universale, a comportamenti consoni ad una vita virtuosa: “E se, come spero, non sarai uno spostato canaglia, anzi spero un buon figliuolo, per sposarti, pensaci prima mille volte. Quello è bello, egoista abbandonare la famiglia donde nascesti, per farne una tua propria. Guarda tuo zio Peppino, che mi costò inutilmente più di cinquantamila franchi che non aiutò ne la sua famiglia ne quello di suo Padre. Per fortuna che c’ero io che sempre tenni da fanciullo alta la stessa bandiera[14]”. E continua, assumendo una certa ed inconsueta durezza: “Perciò ti consigliava ad andare avanti sempre. E non mai pensare alle tante contrarietà, che se vuoi salire, troverai. Ti replico che la tua carriera è difficilissima se in questa vita vorrai, spero, lasciare un bel nome onorato, se vorrai essere uno spostato canaglia ti sarà facilissima, comoda, ma brutta ed oscura. Scegli! Nella tua propria famiglia hai due esempi Peppino, ed io. Pensaci bene. E sceglierai[15]”. Vale la pena leggere insieme la sesta lettera del I volume delle lettere a mio nipote Gaetano Braga di Francesco, nella quale il violoncellista aggiunge con filosofica amarezza e con sintassi un po’ contorta ed appassionata: “Mio carissimo Gaetano, l’esperienza mi ha imparato che nella vita umana la buona o cattiva natura è quella che ne dirigge le opere. Tuo zio Peppino che ne aveva una cattiva e nulla gli valsero i tanti sacrifici che per lui io feci. Sino alla sua prematura morte la sua vita non fu che una serie di corbellerie, e di egoismo. Mentre se l’avesse avuta buona io l’avevo messo in grado di aiutare con me la numerosa famiglia nostra, con l’aiuto sarebbe stato migliore, più efficace, e più presto. Tuo fratello e tu che da me neppure per la quarta parte foste soccorsi come Peppino, state facendo quello che io volea fare con lui. Qual è la ragione? Credo che la vostra natura migliore. Tu sei nato presso a poco nelle mie stesse condizioni. La mia natura salvò me e la mia famiglia, come la vostra salverà voi, e la vostra famiglia. Comprendo che ci vuole una gran virtù meravigliarsi tanto, ma la gioia che ci provoca nella tarda età è così bella, da fare dimenticare qualunque sacrificio e benedire la buona natura che ci ha permesso di fare del bene. Questa mia asserzione sembra un paradosso eppure è così... Peppino portandomi fin dalla sua età di 11 anni da Giulianova una natura perversa quand’io stavo ancora in Collegio di San Pietro a Majella a Napoli impiegai tanti e tanti mezzi per metterlo nella dritta via inutilmente mia madre di quel bel carattere antico, semplice, ed angelico volea farlo medico veterinario per non troppo spostarlo ed averlo suo a Giulianova, la grossa vanità di Peppino noi permise.
GAETANO e GIUSEPPE BRAGA (da un ritratto di proprietà della Signora Donna Maria Migliori in Ciafardoni)
Egli vedendomi tanto popolare a Napoli, volea oscurarmi e volea impararsi alla musica. Anzi volle studiare il violoncello. Io che pensai ai bisogni della mia famiglia non glielo permisi. Ma volli fargli studiare il pianoforte che anche mediocre artista potea guadagnarsi da vivere, mentre col violoncello se con passione non si studiava almeno sette ore al giorno non si arrivava che vivere stentatamente. E a forza di legnate e maltrattamenti arrivai a fargli guadagnare una piazza franca , che lui con varie scappate a venti anni se ne fece cacciare da quel collegio dove io l’avea messo, e con simulate ragioni m’indusse a riavercelo a Parigi. Ma è meglio tacere. E’ proprio sicuro che si lavora colla sabbia quando la natura ti corrisponde male ? Tutte le mie amorosissime cure quell’infelice mel rispondea con insolenza, perché la sua natura era cattiva. Tu vedrai quando sarai vecchio come godrai d’aver soccorso i tuoi genitori e i tuoi parenti[16]”. Fin da piccolo Giuseppe manifestava, al pari di Concetta - guarda caso l’ultimo dei fratelli e l’ultima delle sorelle dei Braga - di fuoriuscire dagli schemi abitudinari della famiglia, coricandosi tardi, al contrario degli altri che lo facevano alle nove[17]. Il comportamento trasgressivo di Peppino fu oggetto delle giustificazioni di Gaetano verso l’amico e compagno di studi a Napoli, Francesco Florimo, storico della musica e compositore: “Mio fratello vive d’una maniera distintissima da me. lo abito 6 Rue de Provence, e lui 7 Rue St. Lazare. I suoi interessi non son i miei. Questo modo d’aggire presso di lui, mi fa godere la pace. Certamente gli farò vedere ciò che mi scriveste, e accompagnerò quello scritto di mie paterne osservazioni. Anzi, lo pregherò di scrivervi. Ma non me vogliate se gli effetti che v’aspettate verranno più tardi dei vostri, e miei desideri[18]”. In una lettera dattiloscritta, rinvenuta tra le pagine del diario manoscritto, uno dei figli di Giuseppe, Umberto, accusato di avere inviato una lettera anonima al violoncellista sulla questione delle eredità che divisero gli appartenenti alla famiglia, puntualizza allo zio Gaetano: “...ciò mi dispiace poiché chi ben ricorda il carattere positivo del fu Giuseppe Braga, che assieme a voi fu Gloria e vanto degli Abruzzi, dovrebbe formarsi il convincimento dei sentimenti, non vili, incarnati nel nostro sangue... Ma le accuse, che, ingiustamente mi lanciano i parenti mirano a maggiormente aizzarvi contro di noi poveri orfani abbandonati ai quali altro non restò, che gli occhi per piangere la cattiva stella che fatalmente s’imbattè sul cammin di nostra vita... Tengo a dichiararlo, che noi figli del fu Giuseppe, non siamo avidi di possessioni e di ricchezze, e che mai in vita nostra (abbenchè la sorte non ci fu favorevole) siamo andati soggetti a chicchessia facendo assegnamento solo sulle nostre forze per guadagnarci, onestamente, di che sostenerci... Da parte mia e dei miei fratelli riceverete sempre venerazione e stima[19]”. Una lettera toccante perché, nel tentativo di una sorta di riabilitazione del padre, doverosa ed affettiva per amor filiale, Umberto si svela sofferente della disgrazia famigliare caduta sul capo di loro figli di Giuseppe. In contrasto con il quadro poco idilliaco dipinto sui loro rapporti ed a dispetto della loro diversa natura ed esistenza, Gaetano e Peppino si cercavano e si ritrovavano. Possibilmente amavano farlo, pur non avendone tempo e occasioni molto frequenti causa il loro girovagare per il mondo nelle vesti di musicisti e concertisti di successo, nella natia Giulianova. E diventavano protagonisti anche delle rimpatriate, nei piacevoli momenti di spensieratezza o nelle affascinanti e suggestive atmosfere di una Giulianova pulsante di intelletti (allora), in specie nella dimora di Alessandrina di Obrecoff e della di lei figlia Sofia Acquaviva d’Aragona. Risale all’estate 1866 un rientro dall’estero di entrambi i fratelli in cui “è indescrivibile la gioia di tutta la famiglia nel rivedere i due amatissimi figlioli” ricorda Bindi, riportando poi la graziosa descrizione di una piccola scena famigliare da parte dello stesso Gaetano Braga: “Un dopo pranzo, sulla spiaggia, proprio vicino al mare, feci sedere mia madre — racconta il violoncellista - e noi cinque fratelli ci spogliammo e ci mettemmo a nuotare. Giovanni, Andrea, Peppino e Francesco cominciarono l’accompagnamento della mia “marinaresca’ e io intuonai il canto[20]”. La genialità dei Braga, della quale fa cenno anche Cerulli nella già citata nota in Giulianova 1860[21], illuminava le serate musicali che si rivelavano delle vere e proprie audizioni in cui Giuseppe soleva accompagnare al pianoforte il fratello violoncellista. Bindi conferma che “allora Giulianova era il centro intellettuale di una società colta ed elegante, che da tutte le parti della Provincia conveniva, attratta da quella affascinante signora, la Contessa di Castellana di Obrekoff... Nella memoria del mio paese, famose durano ancora nella memoria le feste, sontuose e brillanti, date da quella ospitalissima ed intellettuale signora e dal marito di lei conte Carlo, e vivo il ricordo della bontà, della bellezza, della cortesia delle figliole, signorine Sofia e Isabella, dell’ingegno vivacissimo, della meravigliosa e multiforme attitudine per ogni ramo dello scibile, per ognuna delle belle arti, del figliuolo Andrea, come dura nell’animo mio il ricordo di amici carissimi che in quel tempo mi furono compagni inseparabili: Peppino Braga, Gaetano e Luigi De Bartolomei, Apollo Caravelli, Francesco Accettella, Achille Durango, Flaviano Bucci, Giovanni Cermignani, Pasquale e Vincenzo de Martiis, Marino e Filippo Massei, Cesare Tentarelli, Battista De Luca, Luigi Leone e tanti altri che purtroppo non sono più[22]. In uno di questi emozionanti incontri, che la nobildonna Sofia organizzò per beneficenza a favore delle famiglie povere di Giulianova, all’abituale gruppetto si aggregò l’emergente Francesco Paolo Tosti, il grande musicista e compositore di Ortona, anch’egli allievo di Saverio Mercadante, già maestro di Gaetano Braga, e condiscepolo di Peppino Braga, del quale rimase grande amico. Accadeva nel 1872, anno del matrimonio di Giuseppe, ed in quella circostanza la serata di svolse nel Palazzo Comunale. Bindi ricorda che Sofia, nel promuovere l’evento, “ebbe a giovarsi del consiglio e dell’opera di due illustri maestri giuliesi: Gaetano e Peppino Braga; il primo, tornato allora, come soleva fare in ogni anno, da Parigi, dove era l’idolo della più eletta società, che egli deliziava col suo violoncello nelle famose audizioni della Sala Erard o nell’aristocratico salotto della principessa Matilde; reduce l’altro dai suoi trionfi di Pregny e di Pietroburgo, dove, ospite del barone di Rothscild e del conte Koucheleff, aveva, come pianista, destato così grande entusiasmo e raccolta così cospicua fortuna” sottolinea di nuovo Bindi, citando in proposito un articolo dell’amico scrittore abruzzese Luigi Bologna nel periodico Risorgimento d’Abruzzo e Molise[23]. “L’attrattiva della festa — continua il professore - fu Tosti che Sofia aveva in grande stima e desiderava mettere in vista e che Gaetano e Peppino Braga molto amavano. Gaetano, tra la più aspettativa e curiosità, presentò il giovane alla eletta adunanza. Braga, accompagnato dal fratello Peppino, suonò divinamente, come lui solo sapeva suonare, la Preghiera di Mosè, l’omaggio a Bellini, Il Curricolo, traendo da quel suo strumento accenti che ti penetravano nel più profondo dell’anima; Sofia miniò da vera artista la Leggenda Valacca, con accompagnamento di violoncello e di piano; e poi F. P. Tosti suonò e cantò con una voce così dolce e delicata di tenore, con tanta grazia e con una “dizione tutta sua” alcune romanze da deliziare il pubblico e suscitare in esso il più grande entusiasmo. Conobbi così F. P. Tosti e anche io, giovanissimo, anzi più giovane di lui, a lui mi strinsi con tenera amicizia, e insieme ai fratelli Braga, che furono affettuosi e fedeli amici miei fino alla morte, trascorsi alcuni giorni deliziosi ed indimenticabili[24]” conclude Bindi. Mi è sembrato importante indulgere su alcuni dettagli che, in apparenza marginali e pleonastici rispetto alla mia trattazione sulla personalità di Giuseppe Braga, raffigurano un ambiente di fervore intellettuale, non solo cittadino. In questo microcosmo culturale anche il pianista ebbe il suo ruolo rifrangente dell’altro, più ampio, nel macrocosmo musicale nazionale e internazionale. Personalmente, sono convinto che Giuseppe abbia contribuito da par suo a far conoscere maggiormente la Leggenda Valacca in Russia, grazie all’assidua frequentazione della corte dello Zar a Pietroburgo ed ai numerosi ed applauditi concerti che vi teneva[25]. La sua figura, quantunque vissuta all’ombra del fratello Gaetano, seppe splendere nel lato opposto della luna, quello che non ci appare. Il destino volle per poco, lui con sregolatezza.
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NOTE BIBLIOGRAFICHE
[1] Vincenzo Bindi, Gaetano Braga, Da’ ricordi della sua vita, Francesco Gianni & Figli Tipografi-Editori, 1927, pag. 10, nota 1;
[2] V. Bindi, ibidem, pag. 10, nota i, e Riccardo Cerulli, Giulianova 1860, Tipografia C.E.T.I. per Abruzzo Oggi, Teramo, 1968, pag. 295. Il volume è stato ristampato nel mese di maggio 2003, dopo la morte dell’autore, dalla Editoriale Eco srl per conto della Casa della Cultura di Teramo. Cerulli, nella nota 121 a pag 334, esaltando il temperamento di Ernesto Migliori, capitano di industria nell’oligarchia cittadina che era venuta affermandosi dal primo Ottocento. Cerulli scrive: “egli fu “figlio di Vincenzo “modesto uomo di piccoli negozi” e di Maria Concetta Braga, “di umile origine, ma d’un ceppo di gente geniale; era infatti la sorella di Gaetano Braga, il re del violoncello... di Giuseppe Braga, "pianista bizzarro...“. La definizione di “pianista bizzarro” è di Carlo Casali, In memoria di Ernesto Migliori, Pescara, 1932.
[3] V. Bindi, ibidem, pag 10. Bindi torna ancora sulle amicizie prestigiose e sui successi di Giuseppe in specie nelle pagine 74-75-76-150;
[4] Il suo cognome nel Registro di Nascita appare con la “c” e non con la “g’ secondo un impervio destino anagrafico che ancora oggi accompagna uno dei pochi ceppi autoctoni giuliesi rimasti. Per le ricerche presso gli Uffici di Stato Civile del Comune di Giulianova, un particolare ringraziamento è doveroso a Adele Crocetti e Grazia Leone;
[5] Emanuela Onofri, Gaetano Braga tra cronaca e storia, tesi di Laurea in Storia della musica moderna e contemporanea, Facoltà di Lettere e Filosofia, Corso di Laurea in Lettere presso l’Università degli studi de L’Aquila, A.A. 2002/2003. pag, 17. Relatore il Prof. Walter Tortoreto. La Onofri ha sostenuto un lavoro davvero immane, di sicuro valore documentale per i futuri studi su Gaetano Braga, trascrivendo i manoscritti, spesso indecifrabili, del violoncellista custoditi presso la Biblioteca Civica “Vincenzo lindi”;
[6] Atto di matrimonio presso Ufficio Stato Civile del Comune di Giulianova;
[7] Ultime confessioni di mia vita (primo quaderno 1891 gennaio 14- 1893 ottobre 13); I volume delle lettere a mio nipote Gaetano Braga di Francesco (1898 maggio 29—1899 agosto16); Ultime impressioni di mia vita, 1° volume; Lettere di Bragaa Bindi Lettere al nipote Gaetano di Francesco, e documenti vari che sono stati sorgenti di notizie del volume di Bindi e dell’Inventano della corrispondenza di Vincenzo Bindi di Pasquina Scoscina, tesi di Laurea presso la Facoltà di Magistero de L’Aquila, a.a. 1971-72. relatore Prof. E Gaeta; lettere e biografie raccolte in istituzioni pubbliche e private dalla Onofri a completamento della sua tesi già citata;
[8] V. Bindi, ibidem, pag 10;
[9] Francesco Contaldi, Arte Giuliese, Raffaello Pagliacceni- Gaetano Braga, saggi biografici, Premiato Stabilimento Tipografico del Commercio Giulianova, 1894. Il 26 febbraio scorso, presso la Sala Consiiare del Comune, si è tenuta una riuscita presentazione della ristampa anastatica del libro di Contaldi, a cura dell’Assessorato alla Cultura e della Biblioteca Civica, e dell’Agenzia per la Promozione Culturale della Regione Abruzzo — sede di Giulianova. Il volume è stato pubblicato per i tipi Media Edizioni nel mese di ottobre 2004;
[10] Francesco Contaldi, ibidem, pag. 75;
[11] Francesco Contaldi, ibidem, pag. 97;
[12] V. Bindi, ibidem, pag. 153, nota I;
[13] E. Onofri, ibidem, pag. 17;
[14] G. Braga, pagg. 63 e 64, vedi E. Onofri, ibidem, pagg. 130-131;
[15] G. Braga, pag. 68, vedi E. Onofri, pag. 133;
[16] G. Braga, pag. 9, vedi E. Onori pag. 140;
[17] G. Braga, Ultime impressioni di mia vita, I volume, pag. 132, vedi E. Onofri pag. 303;
[18] Lettere di Braga a Florimo, Real Collegio di musica, Napoli 20 giugno 1883, gli autografi sono conservati presso la biblioteca del conservatorio di S. Pietro a Majella di Napoli (vedi E. Onofri, pag. 356. La lettera in questione è riportata a pag. 363 della tesi di E. Onofri). Francesco Florimo (Sangiorgio Morgeto, RC, 1800- Napoli 1888) fu storico della musica e compositore, reggente dal 1826 e dal 1851 fino alla morte direttore archiviano della biblioteca del Conservatorio di Napoli;
[19] Umberto Braga, Lettera dattiloscritta, fondo Braga presso la Biblioteca Civica Bindi, Campli 12 settembre 1906, vedi E. Onofri, pagg. 340-1;
[20] V. Bindi, ibidem, pagg. 55-56;
[21] R. Cerulli, ibidem pag. 334;
[22] V. Bindi, ibidem, pag. 74;
[23] V. Bindi, ibidem, pag. 76, nota I;
[24] V. Bindi, ibidem, pag. 76;
[25] L. Raimondi, Gaetano Braga, suggestioni in letteratura, Progetto Braga 2000 a cura dell’istituto Musicale Pareggiato “G. Braga” di Teramo, del Comune di Giulianova e della Tercas, stampato da Deltagrafica di Teramo nel mese di giugno 2000, pag. 36, paragrafo.
Le foto sono tratte dal volume di Vincenzo Bindi, Gaetano Braga, Da’ ricordi della sua vita.
fonte: Associazione Culturale "Giulianova sul Web" ,Rivista Madonna dello Splendore n° 24 del 22 Aprile 2005