Hans Christian Andersen
Persona
scrittore
, Odense, Danimarca / , Copenaghen, Danimarca
Biografia
Biografia
fotografia di Andre Riemann del Teatro delle marionette di H.C. Andersen da bambino.
Infanzia
Hans Christian Andersen nasce il 2 aprile del 1805 nei quartieri poveri della città di Odense, in Danimarca, nell'isola di Fionia, figlio di un calzolaio che fabbricava scarpe, Hans Andersen[1] e di Anne Marie Andersdatter, più anziana del marito di quasi quindici anni. L'intera famiglia, di cui fa parte anche una sorellastra, Karen Marie, avuta nel 1799 dalla madre[2], vive in una singola stanza in condizioni di estrema miseria, nella casa dove già abitava la nonna materna che accoglie i due genitori circa nove mesi dopo la nascita di Hans Christian perché possano coabitare. Ad ogni buon conto, cosa non insolita per l'epoca nelle classi povere urbane, la famiglia, oltre che indigente, è segnata da altri disagi sociali e relazionali interni: i genitori di Hans hanno una bisnonna in comune; la nonna materna, Anna Sørensdatter, ha avuto tre figli fuori dal matrimonio, tra cui la madre di Hans Christian; il nonno paterno, A. H. Traes, è conclamatamente disturbato psichicamente e lo scrittore temerà a lungo di aver ereditato tale tara, mentre la zia materna gestisce un bordello. Ciononostante, come annotano Paul Krüger e Giuseppe Gabetti, fin dalla prima infanzia, la realtà in cui è costretto a vivere deve apparire al futuro scrittore come un mondo di fiaba:[3] non a caso intitolerà la sua seconda autobiografia La fiaba della mia vita (Mit Livs Eventyr, 1855).[4]
La vita a Odense, città di provincia, è ancora del tutto regolata da una sorta di "naturalità" tipica del mondo agricolo, imbevuta di vecchie tradizioni, superstizioni, governata da comportamenti secolari immutati e, a suo modo, scevra dalle convenzioni borghesi e delle classi agiate emergenti, con le quali Andersen si confronta successivamente nella capitale. Un paragone che, ovviamente, pesa nel momento in cui egli formulerà più tardi il giudizio sulla propria infanzia. Un vecchio mondo, quindi, paragonato a una società che cambia e anche rapidamente nella Copenaghen dell'epoca. Oltre a ciò, è fuor di dubbio che su tale impressione influisca anche il rapporto del tutto particolare con il padre e la madre. Il primo, che aveva ventidue anni al momento della nascita di Hans, è così povero da dover adattare a letto nuziale i resti di un catafalco acquistato a un'asta pubblica (altri dicono donatogli da un nobile). Tuttavia è uomo generoso, stravagante, ama la musica (sarà con lui che Hans Christian si recherà per la prima volta a vedere uno spettacolo al Regio Teatro di Odense), nutre aspirazioni e gusti superiori alla sua condizione e si ritiene nato per qualcosa di più alto che l'attività di ciabattino[5], passando le proprie giornate a leggere o a girovagare per i boschi anziché esercitare il mestiere. Sostiene apertamente di essere imparentato con la famiglia reale danese; sebbene successive indagini abbiano dimostrato l'infondatezza di tale asserzione, tale notizia continua tutt'oggi a circolare.[6]
Anche grazie al padre, i primi anni di Hans Christian sono ricchi di frequentazioni letterarie e sollecitazioni fantastiche. Egli gli legge sovente brani di commedie di Johan Ludvig Heiberg e racconti tratti da Le mille e una notte. Di conseguenza, il bambino passa gran parte del tempo a mettere in scena spettacoli in un suo teatrino delle marionette; spesso si tratta di opere teatrali dello stesso Holberg, Shakespeare e altri autori, imparate a memoria oppure completamente create da lui: spinto dalla passione per la lirica cantata in lingua tedesca, idioma che il giovane Andersen non conosceva, allestiva spettacoli in una personale lingua inventata. La madre, dal canto suo, asseconda questo tipo di rapporto e, pur essendo analfabeta, intrattiene spessissimo il figlio con racconti popolari e narrazioni di leggende tradizionali. Forse ancor più del padre, crede nelle possibilità del figlio, ritenendolo segnato dal destino: probabilmente, soprattutto in ragione della profezia di una vecchia strega del paese che le ha predetto: "Un giorno Odense si illuminerà a festa per ricevere tuo figlio". Andersen è a conoscenza di questa fausta predizione.[7] In questi anni (1810-1811), Andersen frequenta scuole materne private (pogeskoler), destinate soprattutto ai piccoli di famiglie ebree, una condotta da Maria Raasehon e l'altra da Fedder Casstrens.
La casa di Andersen da bambino
In cerca di fortuna e con l'aspirazione a diventare tenente, il padre abbandona tuttavia la famiglia per arruolarsi nell'esercito e prendere parte alle campagne militari di Napoleone, di cui all'epoca i danesi sono alleati. Ne torna gravemente ammalato e nel 1816 muore. A soli undici anni Andersen rimane pertanto orfano, mentre la madre vedova (si risposerà in breve) inizia il mestiere di lavandaia, diventando ben presto alcolista. Hans cresce dunque lasciato pienamente a se stesso, imparando stentatamente a leggere e a scrivere durante le scarse e brevi esperienze scolastiche, soprattutto nelle scuole di carità della città natale. Spinto da un'indole schiva e pervaso di una sensibilità accesa e morbosa, raramente frequenta i propri coetanei, preferendo restare sdraiato in solitudine all'ombra dell'"unico cespuglio di uvaspina" nel cortile di casa o seguendo i ruscelli, aggirandosi per la campagna (vedi la fiaba de Il brutto anatroccolo), fantasticando in assoluta libertà. Spesso si ferma ad ascoltare le storie popolari, le fiabe, le leggende che le vecchie dell'Ospizio di Odense amano raccontarsi tra loro e a Hans, da cui quest'ultimo rimane colpito e incantato.
Una volta cresimato[8] nel 1819, all'età di 14 anni, il ragazzo decide di lasciare Odense e di trasferirsi a Copenaghen in cerca di migliori opportunità di vita e, come ricorda Bruno Berni[9], con la determinazione a diventare un "grand'uomo": in particolare, con la segreta ambizione di intraprendere la carriera di attore.[10]
Studi
Autoritratto di Andersen (1830 circa)
Il primo direttore di teatro che lo esamina giudica Andersen troppo magro per calcare le scene. Nei primi tempi trascorsi nella capitale, per guadagnarsi da vivere Hans si adatta quindi a fare il garzone di bottega e l'operaio in una fabbrica di sigarette. Fin da allora deve subire le angherie dei compagni di lavoro, che lo perseguitano per il suo aspetto fisico, il carattere introverso e i modi effeminati. Contemporaneamente, non rinuncia, comunque, a cercare di entrare nell'ambiente teatrale come cantante, ballerino o attore. È il tenore italiano Giuseppe Siboni, cantante del Teatro Reale Kongelige Teater e futuro fondatore e direttore del Conservatorio, che, trovandoselo davanti in condizioni pietose e con soli 13 talleri in tasca, accetta di fargli un'audizione. Insieme ad altri personaggi influenti, presenti alla prova canora, si adopera per far ottenere a Hans l'ammissione alla Reale scuola di canto e ballo del Teatro Reale Danese come soprano; ruolo che il ragazzo dovrà ben presto lasciare quando il timbro della sua voce cambia. Il futuro scrittore viene ospitato in casa di Jonas Collin, consigliere e influente uomo pubblico della capitale, nonché direttore del Teatro Reale stesso, che provvede a fargli impartire anche qualche lezione privata di danese, tedesco e latino. Presso di lui, il giovane, che ha modo di entrare in contatto con l'alta borghesia della capitale[11] conosce fortuitamente il re di Danimarca Federico VI, che lo prende in simpatia e lo iscrive a proprie spese alla scuola di grammatica e latino di Slagelse, assegnandogli allo scopo un appannaggio annuale. Hans può dunque iniziare un regolare corso di studi (1822/1828).
Anche nell'ambiente scolastico non si trova, però, a suo agio, soprattutto dopo che la direzione della scuola di Slagelse passa sotto la direzione di Simon Meisling, nel 1825. Quest'ultimo, a titolo d'"incoraggiamento", ha l'abitudine di ripetergli: "sei un ragazzo stupido, non combinerai niente di buono." Si sostiene che fosse affetto da dislessia, in ragione dei numerosi errori ortografici che commetteva, ma molto più probabilmente essi erano dovuti alla frammentarietà della formazione scolastica ricevuta nell'infanzia[12]. In ogni caso, non sono pochi i problemi che deve affrontare nel periodo di formazione. Quasi tutti lo giudicano svogliato e introverso, divenendo oggetto di scherno da parte degli altri allievi. In particolare, sul forte disagio del ragazzo influisce, però, la rigida disciplina vigente nei diversi collegi, così in contrasto con la piena libertà senza costrizioni a cui fino ad allora era stato abituato, oltre ai metodi di insegnamento e, ancor più, l'umiliazione di essere circondato da fanciulli molto più giovani di lui. Tutto ciò gli faranno successivamente ricordare tale periodo come "un solo, lungo supplizio". Quando nel 1826 Meisling diviene direttore della scuola di teatro di Elsinore, Hans Christian si trasferisce con lui presso questo istituto. Le numerose insistenze presso il suo mecenate Collin fanno alla fine decidere quest'ultimo a riportare il ragazzo a Copenaghen nel 1827, facendogli proseguire gli studi presso istitutori privati. Nel 1828, anche grazie all'interessamento dell'influente personaggio che lo ha "adottato", ottiene l'ammissione all'Università della capitale, presso la facoltà di filosofia.
Gli esordi
Targa sulla casa del soggiorno romano di Andersen:
IN QUESTA CASA
VISSE NEGLI ANNI 1833-1834
LO SCRITTORE DANESE
HANS CHRISTIAN ANDERSEN
IL SOGGIORNO ROMANO
GLI ISPIRÒ IL ROMANZO
“L'IMPROVVISATORE„
+ S.P.Q.R.
MCMLXXIII
Ritratto di Andersen eseguito da Constantin Hansen, 1836
L'attività letteraria di Andersen, piuttosto vasta (le opere complete in lingua danese, pubblicate a Copenaghen tra il 1854 e il 1879, comprendono ben trentatré volumi) inizia, di fatto, alla fine degli anni venti del XIX secolo[13] e coincide sostanzialmente con il termine del periodo di studi. Un collega di teatro di Hans aveva parlato di lui come di un "poeta": spinto dalla sua vocazione artistica,il giovane prende la cosa molto sul serio, indirizzando le proprie energie creative verso la scrittura, divenendo il maggior esponente della cultura letteraria del periodo nel suo Paese.
Bosco di betulle sull'isola di Almager
Gli esordi sono incerti; spesso non chiare nelle motivazioni anche le produzioni immediatamente successive, segnate da una costante ricerca alla scoperta delle vere, personali attitudini, seguendo svariati generi. Tuttavia, la pubblicazione nel 1827 de Il bimbo morente (Det døende Barn) sulla rivista Kjøbenhavnpost, è già accolta favorevolmente da parte della critica, in particolare da Johan Ludvig Heiberg, stella di prima grandezza del mondo letterario di allora. Dopo la pubblicazione di alcune altre singole poesie (nel complesso della sua vita arriverà a scriverne ben 1.024), nel 1829 da alle stampe il racconto Viaggio a piedi dal canale di Holmen alla punta orientale di Amager (Fodrejse fra Holmens Kanal til Østpynten af Amager i Aarene 1828-1829), nello stile di E.T.A. Hoffmann, esito di un viaggio in Danimarca, sollecitato dal re stesso. Opera acerba, ma accolta con discreto favore sia dal pubblico che dalla critica. Nel 1830 vedono la luce alcuni vaudevilles, tra cui Amore nella torre di San Nicolao (Kaerlighed paa Nikolaja Taarn, eller Hvad siget Parterret, composto nel 1829) , seguiti nell'anno successivo da un volume di poesie Digte(Poesie), che fra i diversi componimenti contiene anche Lo spettro o il fantasma (Dødningen), una sorta di balletto (già apparso nel 1830), secondo approccio con il genere fiabesco dopo La campana sommersa(Dykker-Klokken) risalente al 1827.
Sempre del 1831 è la raccolta Fantasie e schizzi (Phantasier og Skitser). In virtù dell'interessamento di Jonas Collin, lo stesso anno intraprende il suo primo viaggio al di fuori della Danimarca. Al ritorno descrive questa esperienza nelle Silhouettes di un viaggio nello Harz e nella Svizzera tedesca (Skyggebilleder af en Rejse til Harzen og det sachsiske Schweiz), pubblicato nel 1832, affresco vivace e di grande lirismo, spesso di sapore fiabesco, dei luoghi e degli artisti che incontrò in Germania. Escono contemporaneamente due melodrammi La sposa di Lammermoor (Bruden fra Lammermoor) (il romanzo gotico di Sir Walter Scott con lo stesso titolo è del 1819, mentre il libretto d'opera di Salvadore Cammarano per Gaetano Donizetti è soltanto del 1835) e Il corvo (Ravnen eller Broderprøven) (quest'ultimo porta piuttosto curiosamente lo stesso titolo del più famoso componimento di Edgar Allan Poe edito nel 1845). A questi, è da aggiungere la pubblicazione dei versi descrittivi in Vignette per poeti danesi (Vignetter til danske Digtere)[14] Il 18 dicembre 1832, vede la luce la composizione poetico-drammatica I dodici mesi dell'anno. Disegnato da inchiostro e penna (Aarets tolv Maaneder.Tegnede med Blæck og Pen), diffuso editorialmente nel 1833[15], strutturata in dodici parti, una per ogni mese dell'anno di cui porta il nome; più simile a una raccolta lirica che al testo di un dramma, nonostante presenti anche dialoghi, essa contiene i versi di Barn Jesus i en Krybbe Laae(mese di dicembre), una canzone che sarà più tardi musicata per pianoforte da Robert Schumann, divenendo un pezzo celebre, molto noto in Danimarca, ma anche nel nord Europa. L'opera è dedicata al sovrano danese Federico VI e viene consegnata personalmente a quest'ultimo dall'autore, che l'occasione per perorare la sovvenzione di un suo già ripetutamente richiesto viaggio nel sud del continente.[16]
Solo nella primavera del 1833, tuttavia, riesce a ottenere una borsa si studio, per affrontare quel Grand Tour tanto desiderato, vero viaggio iniziatico, che lo porterà, dal mese di aprile e fino all'agosto del 1834 in Francia e in Italia. A Le Locle, 1833, scrive il dramma Agnete e il Tritone (Agnete og Havmandense), conosciuto anche come Agnese e l'uomo del mare, che viene dato alle stampe l'anno stesso, mentre a Roma, nel 1834, inizia il romanzo di grande successo L'improvvisatore (Improvisatoren)1835), completato al rientro in patria, in cui narra dei suoi viaggi in Italia, che gli valse notorietà in tutta Europa. Come scrive Paul Krüger, nel saggio già citato, si tratta di un'opera "un po' convenzionale nella trama e nella concezione, ma ricco di colore e romantica suggestività", dove domina la "freschezza genuina, festosa e confidenziale, quasi di bimbo" e del viaggiatore costantemente pronto a nuove avventure e contento di nuove scoperte, stupito della bellezza del mondo. Analogo afflato si ritrova nell'Album senza figure (Billedbog Billeder) del 1840, dove con estrema levità la luna descrive a un pittore le proprie visioni nel suo errare sopra la terra, in particolare durante i pleniluni, quando realtà e sogno sembrano fondersi.
Andersen scrittore di fiabe
Tommelise (Mignolina) illustrazione di Vilhelm Pedersen
Già dal 1835 appare la prima pubblicazione di Fiabe (Eventyr), che costituiranno la sua produzione più importante, sebbene non subito riconosciuta come tale.[17] Con cadenza quasi annuale, le pubblicazioni si succedono fino al 1872 (non di rado la prima edizione è in inglese, anziché in danese[18]). L'insieme di queste danno origine a diverse raccolte, le prime due proprio del 1835 dal titolo Eventyr, fortalte for Børn. Første Samling. Første Hefte (Fiabe, raccontate ai bambini. Primo volume. Prima raccolta. Primo tomo, 8 maggio 1835) e Eventyr, fortalte for Børn. Første Samling. Andet Hefte (Fiabe, raccontate ai bambini. Prima raccolta. Secondo tomo, 16 dicembre 1835[19]), che comprendono composizioni uscite nei periodi antecedenti, per un totale di 156 fiabe (numero fissato da Birger Frank Nielsen nella sua celebre biografia dello scrittore Dirgterens danske Værken 1822/1875, 1942); altri cataloghi, più recenti, ne computano 168, includendovi Likke-Peer/Lucky Peer, o addirittura 212, uniformando alle fiabe in senso stretto, anche composizioni che richiamano soltanto il genere.
Parlando della fiabe vere e proprie, o tali considerate, le ispirazioni sono diverse: folklore popolare, racconti per l'infanzia, fiabe, novelle tradizionali, dove la materia esistente è a volte lasciata senza modifiche sostanziali (Principessa sopra un pisello, I vestiti nuovi dell'Imperatore), oppure viene trattata come semplice spunto (la stragrande maggioranza dei casi) e rielaborata sulla base di invenzioni personali (ad esempio La Regina delle nevi, Compagno di viaggio) dando vita, per la prima volta, alla fiaba d'autore, propriamente intesa, o per meglio dire contemporanea. "La cosa che egli crea e che non esisteva prima di lui (...) è la fiaba nata dall'incontro diretto tra uno scrittore e il suo pubblico, nel quale la fiaba tradizionale non agisce da modello (sono scomparsi i maghi, le fate, le streghe), ma solo da pretesto che si allontana.[20] Tralasciando Charles Perrault, e la novellistica di corte del Sei-Settecento, oltre alla fiaba d'arte romantica (Ludwig Tieck, Novalis, Clemens Brentano, Achim von Arnim, Bettina Brentano ed altri) gli autori di fiabe che, a quest'ultimo proposito, vengono più spesso accostati sono i due fratelli tedeschi Jacob e Wilhelm Grimm e Andersen. Tuttavia, la novità di quest'ultimo, e volendo il "limite", rispetto ai primi, come scrive Gianni Rodari[21] risiede nel fatto che "le fiabe dei Grimm scendono, o salgono, dalla più lontana preistoria, diciamo all'ingrosso indoeuropea: quelle di Andersen nascono nella storia e nella letteratura direttamente, quasi tutte senza aver prima attraversato millenni e frontiere per incarnarsi nella lingua danese (...)
Ritratto dei fratelli Grimm (Wilhelm a sinistra e Jacob a destra), eseguito da Elisabeth Maria Anna Jerichau-Baumann nel 1855
I Grimm raccolsero le loro fiabe dalla bocca del popolo tedesco, in un particolare momento del Romanticismo (...) Andersen raccontò qualcuna delle fiabe ascoltate da bambino, nella libera traduzione della sua memoria: il "corpus magnum" delle sue fiabe se lo è tirato fuori, pagina per pagina, dalla sua fantasia e dalla sua vita. Il racconto è suo, quello che importa è il ricordo personale: anche l'elemento, lo spunto tradizionale si piega alla sua esperienza. Molti dei racconti, infatti, traggono origine da episodi di vita vissuta: la danzatrice de Il tenace soldatino di stagno è probabilmente la trasfigurazione di quella che derise da giovane Andersen per i suoi modi sgraziati e le sue continue lettere di raccomandazione. Cinque in un baccello trae spunto dalla memoria di un vaso di legno in cui erano piantati un aglio e un'unica pianta di pisello davanti alla casa dello scrittore bambino, così come da un litigio con l'amica Henriette Wulff si ispira il satirico La principessa sul pisello o, alla deformità della stessa bimba, il bonario racconto di Mignolina.[22] K.A.Mayer in un suo articolo, ritagliato e citato dallo stesso scrittore danese nella sua autobiografia, sostiene che "al suo culmine la fiaba di Andersen colma la lacuna tra la fiaba dell'arte romantica e il racconto popolare quale è stato raccolto dai fratelli Grimm (...) e si tratta di una "fiaba (...) portatrice di pensiero".[23] La forza innovativa del genere, da parte di Andersen è sottolineata anche da Knud Ferlov[24] che rileva la capacità di far convivere sperimentazione e tradizione nei racconti, con riferimento particolare alla lingua. Fortemente sconveniente venne giudicata dall'ambiente accademico, ma anche dagli ammiratori, l'introduzione, ad esempio, della lingua parlata in ambito letterario, spesso non curandosi dei legami sintattici, o addirittura sostituendo alle parole, suoni e voci sconclusionati. Al contempo, in questo apparente caos linguistico (e grazie proprio anche a esso), traspare il profondo spirito popolare danese, definito lune, un insieme di bonomia, modestia, di allegria e monelleria, di fierezza ingenua, caratteristico della terra natìa di Andersen, in cui dominano le sfumature. Stupefacente e innovativo rimane, in ogni caso, l'approccio, da uomo disincantato, ma al contempo fiducioso, pervaso di un candore infantile nell'abbandono alle proprie sensazioni ed emozioni. Andersen crede in ciò che magicamente si anima nelle trame che viene creando, sorridendone, ma ugualmente convinto della loro "possibile" esistenza in un mondo governato, in fondo, da una benigna volontà provvidenziale.
Illustrazione di Lorenz Frølich per Madre Sambuco
"Andersen scopre nuove sorgenti del meraviglioso (...), non si deve equivocare con prodotti artigianali e surrogati quali la novelletta edificante, il raccontino didascalico o moralistico, insomma quella che viene chiama (...) letteratura pedagogica.[25] Il poeta danese ci dona un tipo di fiaba utile alla formazione della mente, di una mente aperta in tutte le direzioni: una leva fondamentale per l'educazione di un uomo, che non sia solo un esecutore ordinato e limitato, un consumatore facilmente plasmabile e pedissequamente subalterno. "Al di là del contenuto immediato e dell'ideologia di cui possano essere di volta in volta portatrici"[26] ci aiutano a conformare criticamente la mente e ad affrontare la realtà con occhio spregiudicato: "di inventare dei punti di vista per osservarla, di vedere l'invisibile, come lo scienziato vede le onde elettromagnetiche dove nessuno aveva mai visto nulla; insomma, proprio come Andersen vede un'intera storia sulla punta di un ago da rammendo".[26]
L'ascesa e il raggiungimento della notorietà
Da principio trovano maggior riscontro romanzi come O. T. (il titolo richiama le iniziali del protagonista, Otto Thostrup, ma anche la sigla con cui era noto il carcere minorile di Odense - Thungtus Odense/Riformatorio di Odense) del 1836 o Soltanto violinista (Kun en Spillemand) dell'anno successivo.[27] Il primo incentrato sulle amarezze e la profonda solitudine del protagonista, diviene anche occasione per raccontare, su uno sfondo comunque rilevante, le trasformazioni della società danese e i travagli dei movimenti liberali e democratici in Europa.[28] Nel secondo, si racconta la storia di due ragazzini che, innamorati fin dall'infanzia, ma costretti a separarsi, continueranno a cercarsi per tutta la loro vita. Il protagonista è un grande sognatore, sopraffatto dalle spietate regole del mondo degli adulti. Entrambe le opere, verranno tradotte in breve tempo in numerose lingue europee. Nello stesso anno, il 1837, appare sulla "Revue de Paris" una sorta di biografia dello scrittore danese, curata da Xavier Marmier, intitolata Une vie de poète che, ripresa in vari Paesi, contribuisce non poco alla diffusione della notorietà di Andersen in Europa. Intensa è l'attività per il teatro di questi anni. Nel 1838, lo scrittore riesce finalmente a vedersi riconosciuto un vitalizio come letterato, che gli consente di non scrivere più per necessità economiche. Del 1840, le opere teatrali, destinate però all'insuccesso, Il mulatto (Mulatten), Maurerpigen e Una commedia in verde (En Comedie i det Grønne).
Il Teatro Reale a Copenaghen
Con il desiderio di recarsi nuovamente all'estero, mai sopito fin dal suo ritorno dal precedente viaggio, grazie a un sussidio reale, nel 1840 riesce a partire nuovamente per la Germania, l'Italia, Malta, la Grecia, Costantinopoli, facendo ritorno, durante le rivolte balcaniche, lungo il corso del Danubio, praticamente dal delta fino alla capitale austroungarica. Da Vienna attraverso la Germania raggiunge di nuovo la Danimarca. Le impressioni, di grande interesse culturale, politico e etnografico, raccolte durante questo soggiorno in paesi stranieri costituiranno il materiale letterario per Il bazar di un poeta (En digters bazar), che uscirà in volume nel 1842.[29]
A metà degli anni 1840 Andersen è già noto in gran parte d'Europa, sebbene abbia ancora difficoltà sociali nella sua Danimarca. In questo periodo torna, all'amore di sempre: il teatro. Del 1844 è l'opera teatrale Il re sognatore (Konger Drømmer)e dell'anno successivo la commedia di ispirazione fiabesca Il fiore della felicità (Lykkens Blomst). Il 1846 vede l'uscita del libretto d'opera La piccola K. (Liden Kirsten), musicato da Johann Peter Emilius Hartmann, di cui Andersen scriverà una biografia. L'editore londinese della "Literary Gazette", William Jerdan invia allo scrittore danese una lettera con cui lo invita a visitare l'Inghilterra. Andersen gli risponde con calore, entusiasta di poter recarsi in un Paese "la cui letteratura ha così indelebilmente arricchito la mia immaginazione e colmato il mio cuore".[30]
La visita in Inghilterra e l'incontro con Charles Dickens
Nel giugno del 1847, Andersen visita l'Inghilterra dove ottiene un'accoglienza trionfale. Questo viaggio segna una vera e propria svolta nello sviluppo letterario dello scrittore. Alcuni romanzi e fiabe erano già stati tradotti tra il 1845 e il 1847 in lingua inglese e numerose riviste letterarie britanniche avevano favorevolmente recensito tali opere[31]. Jerdan gli procura numerosi incontri con esponenti del mondo letterario anglosassone, tra cui quello con Charles Dickens che, la prima volta, non riesce ad avere luogo. Quest'ultimo, si premura comunque di far recapitare al danese una copia delle proprie opere con dedica personale. Andersen rimane colpito profondamente e favorevolmente da Londra, paragonandola, per fascino, solo a Roma ("Londra con le sue giornate frenetiche, Roma con le sue notti di silenzio"), sebbene nel suo diario non manchino annotazioni circa le condizioni miserabili in cui le classi meno abbienti sono costrette a vivere. L'incontro con l'autore de Il circolo Pickwick è tuttavia, solo rimandato. Esso avviene nel mese di agosto a Ramsgate, presenti i familiari dello scrittore inglese. Da questo scaturisce una profonda amicizia tra i due uomini che darà vita a un intenso, seppur irregolare, scambio epistolare per oltre un decennio, oltre che a un ulteriore incontro a Londra nel 1857.
Ritratto di Charles Dickens (dalla Portrait Gallery of Eminent Men and Women in Europe and America - Galleria di ritratti degli uomini e delle donne famose in Europa e America - di E.A. Duyckinck.
Il poeta danese scrive, parlando del momento in cui i due si lasciarono: (Dickens) "era partito da Broadstarirs per salutarmi, e indossava un abito verde sdrucito e un kilt scozzese colorato in modo allegro, di un inglese elegantissimo. È stato l'ultima persona a stringermi la mano in Inghilterra e ha promesso di scrivermi. Mentre la nave si allontanava dal porto, riuscivo ancora a vederlo: credevo se ne sarebbe andato via molto prima! Agitava il cappello e alla fine ha anche alzato una mano verso il cielo. Mi chiedo se volesse dirmi: 'ci rivedremo lassù!'[32]. Il soggiorno britannico, grazie ai buoni uffici di Richard Bentley, già editore delle opere del danese in Inghilterra, che gli permette di stringere importanti accordi editoriali, apre definitivamente ad Andersen le porte del mercato anglosassone, che rappresenterà, da quel momento in avanti, uno dei punti di riferimento all'estero per la sua produzione, insieme con quello statunitense. Un rapporto, quello con il mondo letterario e editoriale inglese, che sarà comunque segnato da non poche difficoltà e incomprensioni[33]. Nella raccolta di fiabe uscita quell'anno (Nuove fiabe. Secondo volume. Prima raccolta - Nye Eventyr. Andet Bind.Første Samling) Andersen inserisce una dedica speciale per lo scrittore inglese: " Sento un desiderio, una bramosia di radicare in Inghilterra la prima fioritura del mio giardino poetico quale augurio natalizio: ed è grazie a te, mio caro, nobile Dickens che coi tuoi libri mi sei stato amico prima di conoscerti"[34]. Nello stesso anno esce la stesura definitiva del dramma Ahasversus (Ahasversus).
La maturità
Nel 1849, esce il romanzo Le due baronesse (De to Baronesser/The two Baronesses).
Monumento ad Andersen di August Saabyes (1877) nel Parco Reale, Rosemberg, Copenaghen
. Riguardo a questa opera riceverà una lettera appassionata da Dickens, che aveva avuto una copia dedicata del libro in inglese: "Mia moglie e i ragazzi insistono perché ti saluti tanto, e siamo tutti ansiosi di sapere quando ci allieterai con un nuovo libro. Siamo gelosi di Stoccolma e siamo gelosi della Finlandia, e ci ripetiamo che tu dovresti stare a casa, a casa e in nessun altro posto! (Eccetto l'Inghilterra, naturalmente, in cui ti accoglieremmo con tutto il cuore). A casa con una penna in mano e un bel plico di fogli bianchi davanti a te"[35]. Altri vaudevilles, di motivo fiabesco, come Meer end Perler og Guld, Ole Chiudigliochi (Ole Lukøje) o Madre Sambuco (Hyldemoer) caratterizzano la produzione della fine degli anni 'quaranta e degli inizi degli anni cinquanta. A quel periodo risalgono le due commedie (1850) La nuova camera della puerpera (Den nye Barseltue e Una notte a Roeskilde (En Nat i Roeskilde). Da ricordare ancora il romanzo filosofico Essere e non essere (At være eller ikke være)[36] del 1857. Tra gli episodi di maggior rilievo vi è il secondo soggiorno in Inghilterra di Andersen su invito di Dickens nel luglio 1857, a seguito del quale l'amicizia tra i due si raffredderà non poco, almeno da parte dell'inglese (ricordato in Una visita a casa di Charles Dickens d'estate. 1857-Et Besøg hos Charles Dickens I Sommeren. 1857-, edito nel 1860). Pare che l'invito fosse per un breve periodo, ma Andersen si fermò presso l'abitazione dello scrittore, Gad's Hill, per oltre sei settimane, fino al mese di agosto. Questo fatto influì negativamente sul giudizio complessivo che l'ospite britannico si era fatto del danese, ridimensionando la sua stima incondizionata. "L'ipersensibilità di Andersen e la sua necessità di attenzione, come ospite e straniero, provocarono infatti non pochi disagi alla famiglia Dickens. E soprattutto non poche incomprensioni. Dickens aveva garantito che durante quell'estate sarebbe stato libero e a completa disposizione per il suo ospite, ma fu invece indaffaratissimo fra la stesura de La piccola Dorritt (La piccola Dorritt) e numerose altre attività. Il temperamento di Andersen, d'altra parte, era effettivamente delicatissimo. E alcune recensioni a articoli sprezzanti su di lui, che gli pervennero in quelle giornate[37] complicarono di più il suo stato d'animo"[34] Al termine di quel soggiorno, Dickens, che si era dato da fare per presentare Andersen nei circoli letterari e teatrali londinesi più esclusivi, superando non poche difficoltà anche linguistiche, scrisse: "(Andersen) ci fa passare pessimi momenti. Sono persino arrivato alla convinzione che non parli come si deve neppure il danese. Almeno è ciò che sostiene la sua traduttrice, e sarebbe in grado di giurarlo di fronte a un giudice"[38]. Si sostiene addirittura che lo scrittore inglese si sia ispirato ad Andersen per creare la spregevole figura di Uriah Heep, nel celeberrimo romanzo David Copperfield, edito tra il 1849 e il 1850. Tuttavia, il disincanto dell'inglese per Andersen risale a molti anni dopo la pubblicazione del romanzo (momento in cui le affinità tra i due raggiungono invece vertici quasi idilliaci) e tale connessione non sembra probabile. Il danese, viceversa, dopo aver lasciato l'ospite britannico gli scrive: "Dimentica, amico, il lato oscuro di me che la troppa vicinanza potrebbe averti illuminato.Vorrei tanto vivere nel ricordo di una persona che ho amato come un amico e un fratello"[39].
Casa di Andersen a Odense (notturno)
Per parte sua, Andersen rimarrà affettivamente, sebbene univocamente, legato a Dickens fino alla morte di quest'ultimo (1870), tanto da annotare nel proprio diario il giorno della scomparsa dello scrittore:"La sera del 9 giugno - ho letto - Charles Dickens è mancato. Non ci rivedremo mai più su questa terra. Non avrò mai una spiegazione sul perché non abbia risposto alle mie lettere"[40] Tra il 1853 e il 1863, scriverà inoltre ben sette opere teatrali[41]. In riferimento allo stesso periodo, non sono poi da trascurare i numerosi resoconti di viaggi: in tutto lo scrittore ne affrontò probabilmente una quarantina, anche fuori dall'Europa, (almeno 29 sono documentati) tra cui In Svezia (I Sverrige) del 1851, In Spagna (I Spanien) del 1863 e Una visita in Portogallo (Et Besøg i Portugal) del 1866. Si tratta di racconti atipici, che coniugano brani di tipo documentaristico a "excursus" (digressioni, divagazioni erudite) di natura filosofica. In In Svezia sono inserite anche alcune fiabe.
Gli ultimi anni
Conquistato il successo, Andersen continua a scrivere moltissimo, anche per il teatro, sebbene un numero notevole di opere usciranno dopo la sua morte. Inoltre, non recede dal viaggiare, producendo diversi resoconti. La sua già citata autobiografia La fiaba della mia vita ((Mit Livs Eventyr)) (uscita in due volumi nel 1855 in lingua danese, che riprende anche La mia fiaba personale senza composizione re