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Giuseppe Tomasi di Lampedusa

Persona

scrittore

, Palermo / , Roma


Biografia   

Don Giuseppe Tomasi, 12º duca di Palma, 11º principe di Lampedusa, barone di Montechiaro, barone della Torretta, Grande di Spagna di prima classe (titoli acquisiti il 25 giugno 1934 alla morte del padre), nacque a Palermo da Giulio Maria Tomasi (1868-1934) e da Beatrice Mastrogiovanni Tasca di Cutò (1870-1946). Rimasto figlio unico dopo la morte della sorella maggiore Stefania a causa di una difterite (1897), per il trauma gli si bloccò la crescita e fu molto legato alla madre, donna dalla forte personalità, che ebbe grande influenza sullo scrittore.

Non lo stesso avvenne col padre, un uomo dal carattere freddo e distaccato. Da bambino studiò nella sua grande casa a Palermo sotto l'insegnamento d'una maestra, della madre (che gl'insegnò il francese), e della nonna, che gli leggeva i romanzi di Emilio Salgari. Nel piccolo teatro della casa di Santa Margherita Belice ereditata dai Cutò e molto amata da sua madre, e dove passava lunghi periodi di vacanza, talora anche in inverno, assistette per la prima volta a una rappresentazione dell'Amleto recitato da una compagnia di girovaghi.
Sotto le armi a Caporetto
Tomasi di Lampedusa in età giovanile, ritratto ad olio del 1936

A partire dal 1911 Tomasi di Lampedusa frequentò il liceo classico a Roma e in seguito a Palermo. Sempre a Roma nel 1915 s'iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza, senza terminare gli studi. Nello stesso anno venne chiamato alle armi, partecipò alla disfatta di Caporetto e fu fatto prigioniero dagli austriaci, che lo imprigionarono in Ungheria. Riuscito a fuggire, tornò a piedi in Italia. Dopo le sue dimissioni dal Regio Esercito Italiano con il grado di tenente, ritornò nella sua casa in Sicilia, alternando al riposo qualche viaggio, sempre in compagnia della madre, che non lo abbandonava mai, e svolgendo studi sulle letterature straniere. Nel 1925, assieme al cugino Lucio Piccolo, fu a Genova, dove si trattenne circa sei mesi, collaborando alla rivista letteraria Le opere e i giorni.
Una moglie dalla Lettonia

A Riga, il 24 agosto 1932, sposò in una chiesa ortodossa la studiosa di psicanalisi Alexandra Wolff Stomersee, detta Licy, figlia del barone tedesco Boris Wolff von Stomersee e della musicista Alice Barbi la quale nel 1920 aveva sposato in seconde nozze il diplomatico Pietro Tomasi Della Torretta, zio di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Andarono a vivere con la madre di lui a Palermo, ma ben presto l'incompatibilità di carattere tra le due donne fece tornare Licy in Lettonia. Nel 1934 morì Giulio Tomasi, e così Giuseppe ereditò il titolo. Nel 1940 venne richiamato in guerra, ma, essendo a capo dell'azienda agricola ereditata, fu presto congedato.

Si rifugiò così con la madre a Capo d'Orlando, dove poi li raggiunse Licy, per sfuggire i pericoli della guerra. Alla morte della madre nel 1946, Tomasi di Lampedusa tornò a vivere con la moglie a Palermo. Nel 1953 iniziò a frequentare un gruppo di giovani intellettuali, dei quali facevano parte Francesco Orlando e Gioacchino Lanza Tomasi. Con quest'ultimo instaurò un buon rapporto affettivo, tanto da adottarlo qualche anno dopo.
La conoscenza con Montale e Bellonci

Tomasi di Lampedusa fu spesso ospite presso il cugino Lucio Piccolo, con il quale si recò nel 1954 a San Pellegrino Terme, per assistere a un convegno letterario cui il cugino, che era poeta, era stato invitato. Lì conobbe Eugenio Montale e Maria Bellonci. Si dice che fu al ritorno da quel viaggio che iniziò a scrivere Il Gattopardo, che ultimò due anni dopo, nel 1956. All'inizio il romanzo non venne preso in considerazione dalle case editrici a cui venne presentato e i rifiuti riempirono Tomasi di Lampedusa di amarezza. Si parlò poi di impressionante errore di giudizio di Elio Vittorini, che, per conto della casa editrice Einaudi, non s'era a suo tempo accorto di aver letto un assoluto capolavoro della letteratura italiana
Morte e successo postumo

Nel 1957 gli venne diagnosticato un tumore ai polmoni, e morì il 23 luglio, non prima di aver adottato come erede l'allievo Gioacchino Lanza di Assaro. Il romanzo venne pubblicato postumo nel 1958, quando Elena Croce lo inviò a Giorgio Bassani, che lo fece pubblicare presso la casa editrice Feltrinelli. Nel 1959 il romanzo vinse il Premio Strega.

Curiosamente, anche Giuseppe Tomasi di Lampedusa morì lontano da casa come il suo antenato protagonista de Il Gattopardo, il 23 luglio 1957 a Roma[2], nella casa della cognata in via San Martino della Battaglia n. 2, dove era andato per sottoporsi a particolari cure mediche che, sfortunatamente, si rivelarono inefficaci. La salma fu inumata il 28 luglio nella tomba di famiglia al Cimitero dei Cappuccini di Palermo.

La storia dell'ultimo periodo della sua vita e della stesura de Il Gattopardo è raccontata nel film del 2000 di Roberto Andò, Il manoscritto del Principe.

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