Fedro
Persona
poeta
Biografia
Il suo nome greco è Φαίδρος (Phaidros); non è invece certo se il nome in lingua latina fosse Phaedrus o Phaeder. Il latinista francese Louis Havet, curatore nel 1895 di una nota edizione delle Favole, suggerì la forma Phaeder sulla scorta di alcune iscrizioni[1] ma la forma latina Phaedrus è attestata in Cicerone[2] e, in particolare, nei titoli – sia pure aggiunti posteriormente – di tre favole[3] e in Aviano.[4] Egli è pertanto identificato comunemente con Phaedrus.
Quanto al luogo di nascita, Fedro stesso afferma[5] di essere nato sul monte Pierio, luogo di nascita delle Muse, che al tempo faceva parte della Macedonia; però egli sembra anche alludere alla Tracia come sua patria, vantata come terra di poeti.[6] È certo che il monte sorgeva in prossimità del confine trace e alla fine del I secolo, una rettifica dei confini delle due province lo ridusse in Tracia.
Fedro nacque intorno al 15 a.C. e giunse giovanissimo a Roma come schiavo, forse a seguito della violenta repressione, operata dal console Lucio Calpurnio Pisone, della rivolta avvenuta in Tracia nel 13 a.C. La sua venuta a Roma ancora bambino è stata dedotta dalla sua affermazione[7] di aver letto da bambino il Telephus, una tragedia ora perduta di Ennio; ma non si può escludere, per quanto poco probabile, che egli abbia potuto già studiare latino in Macedonia, e pertanto la questione della data della sua venuta a Roma resta insoluta.
Che egli sia stato uno schiavo familiaris, appartenente cioè alla familia di Augusto, e poi emancipato da questo imperatore è attestato nella titolazione manoscritta della sua opera, Phaedri Augusti liberti Fabulae Aesopiae; si deduce che il suo nome, dopo la liberazione, deve essere stato Caius Iulius Phaedrus, dal momento che i liberti assumevano il praenomen e il nomen del loro patrono.
Se Fedro fu effettivamente portato giovanissimo a Roma, potrebbe aver studiato alla scuola dell'erudito Verrio Flacco, tenuta nel tempio di Apollo che sorgeva sul Palatino[8] dove studiavano anche i nipoti di Augusto, Gaio e Lucio, e di quest'ultimo, secondo un'ipotesi,[9] potrebbe esser poi divenuto pedagogo, acquisendo quei meriti che, insieme con l'ascesa sociale, lo avrebbero portato alla libertà.
Come Fedro stesso ci informa,[10] il ministro di Tiberio, Seiano, lo fece processare, sospettandolo di allusioni sgradite ai potenti. Ne uscì tuttavia indenne, forse anche per la caduta in disgrazia e la morte del prefetto, e poté continuare a scrivere indisturbato fino all'impero di Claudio (41-54), grazie a un liberto, Fileto, al quale è dedicato uno dei suoi ultimi componimenti, o forse anche fino all'impero di Nerone (54-68).