Giovanni Pennacchi
Persona
insegnante
, Bettona, Perugia / , Perugia
Biografia
Pennacchi Giovanni (1811-1883). È di Bettona, dove nacque il 17 giugno 1811. Studiò nel seminario di Foligno dalle scuole clericali di allora uscì una, giovinezza liberale; e Pennacchi lasciò quelle scuole con un desiderio di nuovo e con l'animo irrequieto. Aveva un ingegno versatile ed aperto, che si manifestò anche meglio nella scuola di Spello: una ricca biblioteca a disposizinne fu come l'apertura di una finestra ossigenata e libera al suo avido spirito,. costretto nel seminario a studi chiusi ed obbligati. Specialmente la letteraturaa straniera, fresca di una incipiente primavera di romanticismo, ma già decisa all'assalto dei vecchi baluardi del classicismo, lo attrasse. A Perugia gli studi di diritto e di filosofia fecero traboccare i suoi sentimenti e le sue idee verso un estremo, decisivo senso di liberazionee ansiosa. Nel 1831, quando moti convulsii scoppiarono qua e là per la Penisola e all'estero, a Perugia era già un nucleo saldo di liberali, che, nel febbraio, tentarono un capitolo di rivolgimento. La guardia civica sostituì gli eserciti mercenari al forte Paolino, alle prigioni, al comune. S'issò il tricolore. Pennacchi fu tra i generosi: imbrandì il fucile, parlò alle folle, temperò le adunanze impulsive e tumultuose.
Fu espulso dall'Ateneo con interdizione degli studi. Conobbe la miseria e le trepidazioni per l'avvenire. Per vivere,, si dedicò all'insegnamento. Dall'umiltà della scuola della sua Bettona, passò ad Amelia. Fu araldo del romanticismo contro l'Arcadia. Ebbe ammiratori e plausi. Collaborò alla « Rondinella », tipica rivista locale romantica. A Spoleto passò a sostituire i Gesuiti, cacciati dalle scuole pubbliche, ma l'opera del maestro fu sopraffatta da quella dell'agitatore politico e del tribuno. Dure erano le condizioni economiche. Gli eventi incalzavano nel 1848, mentre si veniva facendo largaa strada l'idea repubblicana della Giovane Italia. Egli stesso, Pennacchi, scrisse a Luigi Napoleone, ancora repubblicano, una lettera di fede e di entusiasmo, perché avesse preso a cuore le cose d'Italia. Fuggito a Gaeta il Papa, egli nel « Contemporaneo » vergava parole di fuoco contro il principato sacerdotale. E con molti altri si gettò generosamente nella mischia.
All'assemblea costituente della Repubblica Romana, Spoleto mandò con seimila suffragi, Giovanni Pennacchi. A Roma fu eletto segretario col Cocchi e col Fabbretti e, tra le mura fatidiche del Campidoglio, fu compilata, tra agitazioni e fremiti, la Costituzione.
Egli fu pure chiamato al settore istruzione e culto. Passando sopra i morti, i francesi irruppero per le vie di Roma, mentre dall'alto del Campidoglio il nostro leggeva al popolo gli articoli della Costituzione. Attese con pochissimi temerari l'ingresso dei francesi nell'aula; poi, portati in salvo i documenti, non gli restò che l'esilio. A Genova insegnò ancora. Scrisse poesie religiose, soffuse d'un vago sentimento teistico e fuorvianze repubblicane; scrisse pure poesie patriottiche a sfondo socialista e umanitario. Conobbe insigni letterati.
Accettò lealmente l'Italia unita con la Monarchia, come altri repubblicani, consapevole del bene superiore della Patria, ed anche per memore gratitudine al re del Piemonte, nel cui Stato aveva trovato fraterna ospitalità. Col nuovo governo tornò a Perugia, ebbe il rettorato dell'Università e molti tardivi onori. Morì nel 1883 a Perugia. Questi il Segretario Generale della Repubblica Romana del 1849, che stilò le storiche pagine, al quale dobbiamo la conservazione degli atti, che restano documenti di gloria e ricordo di uomini e di armi generose. Il Pennacchi è degno di trovarsi nella galleria dei grandi umbri del Risorgimento, benché la storia quasi non lo conosca, rimasto com'è nell'orbita abbagliante dei maggiori del tempo.
fonte: lamiaumbria.it + treccani