Francesco Maria Berio
Persona
librettista
Napoli / Napoli
Biografia
BERIO, Francesco Maria. - Nacque a Napoli nel 1765 da Domenico, marchese di Salza, letterato e gentiluomo napoletano. La sua famiglia, di origine spagnola, era passata prima a Genova e poi a Napoli. Il B. ricevette un'educazione letteraria, ampliata e arricchita poi da viaggi che gli diedero anche modo di conoscere uomini eminenti come il Cesarotti e l'Alfieri. Era autore egli stesso di versi, che, almeno nei pochi che ancora restano, hanno semplicità di stile e freschezza di linguaggio e lo avvicinano ai tanti rimatori napoletani dei secolo precedente: come costoro, amò i metri facili dandone anche buona prova in traduzioni di Anacreonte. Nel 1787, durante il soggiorno di Goethe a Napoli, il B. lo andò a trovare, lasciandogli l'impressione di persona assai colta (Viaggio in Italia, Firenze 1955, p. 309)
II B. pose ogni cura nell'accrescere la già ricca biblioteca paterna, che si ammirava a Napoli (a via Roma, di fronte a uno degli imbocchi della attuale galleria Umberto I), nel bel palazzo fatto rifare dal padre nel 1772 su disegno del Vanvitelli, dopo la demolizione di alcune case comprate dalla famiglia Tomacelli.
Nel palazzo, che il padre aveva fatto ornare di decorazioni e pitture dai migliori artisti dell'epoca, fra i quali il palermitano A. Dominici, il B. continuò a raccogliere opere d'arte, come il celebre gruppo di Adone e Venere, scolpito dal Canova per 6.000 ducati, e affreschi di G. Cammarano.
Il gruppo del Canova, che fu collocato in un tempietto appositamente costruito nel giardino pensile dei palazzo, fu trasportato da Roma, dove era stato eseguito nel 1795, a Napoli senza ch'egli pagasse, per concessione sovrana, la dovuta dogana, in quanto veniva ad arricchire la "capitale di un nuovo insigne ornamento".
Nel suo palazzo il B. aprì, nel primo ventennio dell'Ottocento, un celebre salotto letterario, del quale fanno menzione i migliori memorialisti del tempo e nel quale solevano convenire Gabriele Rossetti, Cesare della Valle duca di Ventignano, Melchiorre Delfico, Urbano Lampredi, Gaspare Selvaggi, Antonio Canova, Gioacchino Rossini.
In questo periodo il B. fu autore anche di libretti d'opera: scrisse infatti per i teatri S. Carlo e del Fondo di Napoli, ove furono rappresentati alcuni suoi melodrammi come la Cora, con musica di G. S. Mayer (S. Carlo, 1°marzo 1815), l'Otello, con musica di G. Rossini (Teatro dei Fondo, 4 dic. 1816), e il Ricciardo e Zoraide, sempre con musica di Rossini (S. Carlo, 3 dic. 1818). Un altro suo libretto, rimasto inedito, è l'Alcesti. Ma le sue prove come autore di melodrammi non sono delle migliori: i libretti rossiniani sono mediocri e nell'Otello in particolare il dramma viene falsato e anche la rappresentazione dei caratteri non è felice.
Il B. si interessò anche di archeologia e indirizzò una Lettera in delucidazione di un vaso etrusco all'arcivescovo di Taranto, Giuseppe Capecelatro; e non dovette trascurare l'estetica e la filosofia se, come ci fanno sapere i biografi, scrisse stimate dissertazioni sul Bello e sulla Immortalità dell'anima,oggi introvabili.
Il B. morì a Napoli nel dicembre dell'anno 1820.
fonte: treccani.it