Vincenzo Antonio Petrali
Persona
compositore
, Crema / , Bergamo
Biografia
dati biografici, fonte: Andrea Sessa, Il melodramma italiano 1861-1900 + Giovanni Masutto, I maestri di musica italiani del secolo XIX: notizie biografiche
Figlio d’arte, Vincenzo Antonio Petrali nacque a Crema il 22 gennaio 1830 (non del 1832, come erroneamente riportato in numerose voci biografiche). Dopo aver ricevuto i primi rudimenti musicali dal padre Giuliano, fu affidato alla sapiente guida di un altro grande musicista cremasco, Stefano Pavesi (1779-1850), che guidò il giovane attraverso il rigore e la disciplina del contrappunto e della composizione musicale. Entrò poi al Regio Conservatorio di Milano, dove poté perfezionarsi con Antonio Angeleri (1801-1880), docente di pianoforte dal 1826 al 1871, ed affinare le proprie cognizioni nell’arte della composizione con Placido Mandanici (1798-1852). Nel 1847 concluse il suo iter di studi accademici.
Petrali possedeva straordinarie doti musicali, tanto da poter passare con disinvoltura dal violino al violoncello, al contrabbasso, e conseguentemente poter accettare scritture teatrali per suonare in orchestra ciascuno di questi strumenti (anche l’assidua frequentazione con l’illustre cugino Giovanni Bottesini, più vecchio di lui di nove anni, dovette contribuire non poco alla formazione del giovane musicista). Non solo, riscosse ben presto successi sia come compositore, direttore di coro, orchestra e banda; ma il campo in cui eccelse sopra tutti fu quello dell’improvvisazione organistica. Persino un affermato ed acclamato compositore, come il cremonese Ruggero Manna (1808-1864), rimase davvero impressionato dalle improvvisazioni che il diciannovenne Vincenzo produsse all’organo della Cattedrale di Cremona nel 1849 in occasione del concorso di organista titolare della Cattedrale; concorso che in Nostro stravinse.
Nel panorama musicale italiano d’allora, dominato dalla musica di grandi operisti del calibro di Gioachino Rossini, Gaetano Donizetti, Vincenzo Bellini e Giuseppe Verdi, per poter farsi notare bisognava cimentarsi nel genere melodrammatico. Così che Vincenzo, poco più che ventenne, compose il suo primo melodramma Manfredi di Napoli, scritto per il Teatro Santa Radegonda in Milano. La censura austriaca proibì l’opera, il cui libretto era stato ricavato dall’omonimo romanzo del “mazziniano” Francesco Domenico Guerrazzi (1804-1873), ed «in un momento di sdegno del Maestro» lo spartito finì sul fuoco. Il successo arrivò con la sua seconda opera Giorgio di Bary, che andò in scena al Teatro Sociale di Bergamo durante il carnevale 1853-1854 (più precisamente la sera del 10 febbraio 1854), poi crebbe di popolarità passando per Crema, Brescia ed in altri teatri italiani.[...]
Nel 1853, il Petrali era divenuto collaudatore ufficiale dei celebri organari Serassi, la cui fabbrica aveva sede a Bergamo nel palazzo Stampa, ma solamente nel 1868 egli si trasferì in quella città - che divenne la sua patria adottiva - ed ivi rimase sino al 1882.
La musica di stampo operistico trovava ampio spazio anche durante la celebrazione dei Sacri Riti - in chiesa - con le improvvisazioni organistiche del Nostro, le quali traevano linfa vitale dalle romanze, dai ballabili o dalle marce di un Giuseppe Verdi, piuttosto che di un Giacomo Meyerbeer. La maggior parte della sua produzione organistica, almeno sino agli anni Settanta dell’Ottocento, si spinse in questa direzione. La tipologia di strumenti costruiti dalla ditta Serassi di Bergamo trovò in Petrali un sorprendente mezzo di diffusione e promozione, così come la sua arte improvvisativa trovò la via del successo nel modello di organo serassiano. Strumento in cui accanto al classico Ripieno trovano posto numerosissimi strumenti da concerto (ad anima e ad ancia), nonché svariati effetti rumoristici e coloristici, come la Banda turca, il rollante, i timpani, i campanelli e le campane.
Ma, il Petrali seppe perfettamente destreggiarsi anche con altri rinomati organari italiani, quali Luigi Lingiardi di Pavia (che non sopportava il mutevole carattere di Petrali), Pacifico Inzoli di Crema; soprattutto Giacomo Locatelli, discepolo prediletto dei Serassi.
Tra il 1856 ed il 1859, fu maestro di cappella del Duomo di Brescia ed in questo periodo compose anche la sua terza opera Anna di Valenza, che fu scritta per incarico dell’Impresa Rovaglia del Teatro Carcano di Milano, ma non venne mai rappresentata.
Tra il 1860 ed il 1872 fece ritorno al paese nativo, Crema, come maestro di cappella del Duomo e direttore della Banda cittadina; nel frattempo compose la sua quarta opera Maria de’ Griffi, che andò in scena nel 1864 al Teatro Riccardi di Bergamo.
Tra il 1872 ed il 1882, fu prima organista e poi maestro dell’insigne Cappella di Santa Maria Maggiore a Bergamo. Gli succedette Amilcare Ponchielli (1834-1886) che fu maestro di cappella dal 1882 al 1886, il quale rimase fortemente impressionato dall’arte improvvisativa del Maestro organista, lo definì: «grande e potente». Dal 1873, cominciò ad insegnare anche presso l’Istituto Musicale di Bergamo, ed in seguito ne divenne direttore.
Il 26 ottobre 1882 fu nominato docente di organo, armonia, pianoforte, contrappunto, composizione e strumentazione per banda presso il neonato Liceo Musicale Rossini di Pesaro, chiamato per chiara fama, dal direttore Carlo Pedrotti (1817-1893).
Il 24 novembre 1889, dopo breve malattia di natura epatica, il Nostro si spense prematuramente a Bergamo. Nonostante compose quattro opere, un oratorio (Debora, composto nel 1859 ed eseguito nel 1880), la musica per l’azione mimica l’Alloggio militare (composta nel 1878), quartetti per archi, sonate per violino e pianoforte, diversa musica per banda e molta musica sacra, egli sarà sempre ricordato come superbo ed ispirato improvvisatore all’organo.
fonte: Musicalia-Organalia