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Manuel de Falla

Persona

compositore

, Cadice, Spagna / , Alta Gracia, Argentina


Biografia   

A Cadice effettuò i primi studi musicali, prima di trasferirsi, appena ventenne a Madrid, dove studiò composizione per quattro anni sotto la guida di Pedrell, che gli fece conoscere Claude Debussy.[1]
Le sue prime opere furono da camera, passando dalla zarzuela all'opera teatrale La vida breve (1905) che ricevette premi e riconoscimenti.
Dal 1907 al 1914 soggiornò a Parigi, dove venne a contatto con Debussy, Maurice Ravel.
Una volta scoppiata la guerra in Spagna, trascorse cinque anni nella capitale e poi in Granada. Grazie all'amicizia con Lorca fondò una compagnia di spettacoli e balletti.
Nelle sue opere per chitarra si nota la nascita della chitarra moderna classica, sia per l'utilizzo timbrico sia per avere conferito "nobiltà" allo strumento.
Lo stesso de Falla giustifica il maggior valore della chitarra nell'epoca preromantica (inizio Ottocento) perché ideale per qualunque tipo di musica che gli altri strumenti interpretavano. Tale utilizzo tornava di nuovo ad attualizzarsi perché la musica moderna cercava delle peculiarità adatte alla timbrica della chitarra, a differenza del XIX secolo dove cadde nell'oblio. Ricordiamo che la chitarra con la propria identità armonica e coloristica, influenzerà alcuni aspetti dello stile di Claude Debussy, il quale, a sua volta, li trasmetterà a de Falla.
Le sue composizioni fino al 1922 vennero conosciute come "francesi" non intese nel senso nazionalistico del termine, ma piuttosto nel senso di un "genere" di musica. Tali generi avevano come modello Debussy, Isaac Albéniz (il ciclo dei pezzi per pianoforte intitolato Iberia) e alcune composizioni di Maurice Ravel.
Falla ricevette una richiesta dalla rivista Revue musicale, diretta da Henry Prunières, di scrivere una composizione per commemorare il lavoro di Debussy. Nell'agosto del 1920 compose L'homenaje, "Piece de guitarre ècrit pour le tombeau de Debussy", eseguito prontamente da Andrés Segovia e Miguel Llobet.
Scrisse diversi balletti per il Ballets Russes di Sergej Diaghilev, grande impresario del tempo che commissionò lavori per Debussy, Ravel, Stravinskij, Satie, Milhaud, R. Strauss e Prokof'ev.
Si mise in evidenza soprattutto con il Concerto composto tra il 1923 e il 1926, per clavicembalo e per cinque strumenti, nel quale il folklore subisce un reimpasto innovativo visto attraverso una lenta deformata, che colora in modo originale tutta la Spagna archetipica, dalla corrida, alla serie dei vizi e delle tradizioni, dalle feste all'incantesimo delle notti. Il tutto scritto in un linguaggio moderno ed elaborato.[1]
Dopo la guerra civile del 1936 lasciò la Spagna ed emigrò in Argentina dove rimase fino ai suoi ultimi giorni, trascorsi in un sanatorio.

fonte: wikipedia

FALLA, Manuel de. - Compositore, nato a Cadice (Spagna) il 23 novembre 1876. Studiò al conservatorio di Madrid (José Tragó e Felipe Pedrell). Nel 1905 vinse un concorso nazionale dell'Accademia di belle arti, con l'opera in due atti La Vida breve. Nel 1907 si recò a Parigi, dove fu legato di amicizia con i maggiori musicisti francesi del tempo (Debussy, Ravel, Dukas), da cui ebbe consigli ed esempî. Ritornato, fin dal 1914, in Spagna, vive a Granata. Oltre a La Vida breve, ha scritto i balletti El Amor brujo (1915), El Sombrero de tres picos (1917-19), la rappresentazione per marionette El Retablo de Maese Pedro, adattato da un episodio del Don Chisciotte (1919-22); e inoltre: le impressioni sinfoniche Noches en los Jardines de España per pianoforte e orchestra (1909-15), un Concerto per clavicembalo e strumenti (1923-26), il poema Atlantida per soli, coro e orchestra (1929-30), musica vocale e strumentale da camera (Pièces espagnoles e Fantasia baetica per pianoforte Melodies, Canciones populares españolas per canto e pianoforte, ecc.).
Per quanto sia stata preceduta, nel tempo, da quelle di Pedrell, Albéniz e Granados, l'opera del de F. vuol esser considerata come la più felice espressione del nazionalismo musicale spagnolo, inseritosi, conservando le inconfondibili impronte del folklore iberico, nel movimento europeo contemporaneo. Il de F., pur non possedendo la personalità singolare di un I. Stravinskij, di un Hindemith, di un Bloch e d'altri è riuscito a sottrarsi allo spagnolismo di maniera e a volte oleografico cui sacrificarono quasi tutti i suoi predecessori e gran parte dei suoi contemporanei. Giovandosi dell'esperienza fatta da insigni musicisti francesi della scuola impressionistica e non rinunciando a nessuna delle loro "trovate" di tecnica armonica e strumentale, il de F. si vale dell'elemento popolaresco, ritmico e melodico, per esprimersi, sì che esso diviene mezzo e non fine; la formula scompare nel fluire del discorso musicale, quasi sempre vibrante di forte lirismo; il "cliché" si fa canto espressivo, vario, mutevole, suggestivo, mentre il colore non soverchia il disegno e la tavolozza orchestrale è ricca e pittoresca ma non smodata. A questo proposito le opere più significative del de F. sono i due balletti, ma in modo particolare l'Amor brujo, di cui alcune danze debbono esser considerate come perfette opere d'arte. Piuttosto sotto l'aspetto teatrale che non sotto quello musicale, vuole essere segnalato El Retablo de Maese Pedro, affidato a poche voci e a una piccola orchestra caratteristica. Il Concerto per clavicembalo, flauto, oboe, clarinetto, violino e violoncello non è opera del tutto concreta stilisticamente. Il de F. ha voluto forse, seguendo una tendenza comune a musicisti odierni di altri paesi, rievocarvi forme e modi settecenteschi: nel caso specifico, di D. Scarlatti, di cui sono noti (per quanto non ben chiariti) i rapporti con la musica spagnola del suo tempo; ma il tentativo non gli è riuscito a pieno.

Fonte: treccani.it

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