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Gallo Gallina

Persona

disegnatore

, Cremona / , Milano


Biografia   

"disegnatore per litografia", abitava a Milano in Contrada del Capuccio N.3433

GALLINA, Gallo. - Nacque a Cremona il 15 ott. 1796 da Giovanni, sarto, e da Anna Maria Galazzi. Iniziò lo studio del disegno presso Giovanni Beltrami e si trasferì in seguito a Milano per frequentare l'Accademia di belle arti di Brera, dove fu allievo di P. Palagi. Nel 1812 fu premiato "per l'invenzione in disegno" e "pel gruppo disegnato", mentre nel 1817 vinse la medaglia d'oro dei "grandi concorsi" col dipinto Venere in forma di cacciatrice comparsa a Enea sui lidi della Libia (Milano, Pinacoteca di Brera), che costituisce un'importante testimonianza della qualità della sua pittura agli esordi.

Nel 1824 espose Madonna col Bambino e s. Giovanni Battista (ubicazione ignota) alla mostra dell'Accademia di Brera. Due anni dopo, nell'ambito della stessa rassegna, presentò tre ritratti, e nel 1830 il dipinto a encausto Lo sbarco di Colombo in America (anch'esso di ubicazione ignota), soggetto che in quel periodo godeva di notevole fortuna letteraria e teatrale (Mazzocca, 1982) e che il G. riprodusse in litografia nel 1833.

Il G. partecipò alle esposizioni annuali di Brera ancora nel 1830-32, 1834-35, 1841, 1845-47, 1854-56, presentando in tutto una quarantina di dipinti, che furono spesso oggetto di recensione da parte della stampa. Tutti i generi della pittura sono affrontati, attraverso la tecnica a olio o all'encausto oppure, talvolta, all'acquerello. La sua cospicua attività di pittore frescante vi compare indirettamente attraverso la presentazione di alcuni bozzetti. Se alcuni soggetti sono in linea con le tendenze più aggiornate dei contemporanei, come per esempio Lo sbarco di Colombo o Lo spaccalegna in riposo del 1841 (Cremona, Museo civico), altri dipinti si attardano su tematiche classiciste o sacre, adatte a soddisfare la committenza provinciale.

Il G. è pittore di solida preparazione, attento a documentarsi sull'ambientazione e i costumi, buon conoscitore della pittura del Seicento e molto legato all'ambiente cremonese, come anche al conterraneo G. Diotti, di cui sentì l'influenza. Al suo interesse per gli artisti del Seicento è connessa la scelta dei soggetti storici: quasi tutti - tranne la Battaglia di Legnano eseguita nel 1845 su commissione (Legnano, Archivio della Società Arte e storia) - si riferiscono a vicende e personaggi del XVI e del XVII secolo, in alcuni casi rivissute attraverso il romanzo ottocentesco. È evidente, infine, un interesse particolare per la figura di P.P. Rubens.

Abile nell'incisione e nel disegno, sin dai primi anni il G. affiancò all'attività di pittore quella di illustratore. Realizzò sia illustrazioni per volumi sia tavole sciolte (Museoteatrale alla Scala, 1975) o in piccole serie (tra cui i quattro episodi del Conte Ugolino da disegni del Palagi, editi dal G. tra il febbraio 1822 e il gennaio 1823). Il più consistente tra gli incarichi del primo periodo fu quello di eseguire, a partire dal 1818, un gran numero di tavole all'acquatinta (oltre centocinquanta) per alcuni volumi della monumentale enciclopedia storico-etnografica di G. Ferrario Il costume antico e moderno… di tutti i popoli (edita dallo stesso Ferrario a Milano tra 1815 e 1829); tale lavoro è documentato dalle lettere che i due si scambiarono dal 1818 al 1834 (Archivio di Stato di Milano, Dono Galletti. Autografi). Alcune delle incisioni realizzate per Il costume antico e moderno derivavano da disegni del Palagi e di A. Sanquirico, pittore-scenografo della Scala. Questi e il Ferrario introdussero il G. nell'ambiente del teatro scaligero per il quale egli svolse il lavoro di figurinista (Gazzetta di Milano, 13 sett. 1827), mettendo a frutto - a beneficio delle rappresentazioni, come pure degli altri successivi lavori - le accurate ricerche e la documentazione raccolta dal Ferrario per l'enciclopedia.

Il G. si occupò anche della divulgazione dei figurini teatrali, riproducendoli in litografia per l'editore G. Ricordi. Ne eseguì una trentina che fanno parte della Nuova raccolta di figurini teatrali, giusta il costume di tutti i tempi e di tutte le nazioni, edita a Milano da Ricordi (1827-34 circa), repertorio di costumi utile sia per gli allestimenti teatrali, sia per pittori e illustratori. Sempre nella litografia Ricordi, il G. realizzò un buon numero di ritratti di musicisti e cantanti lirici.

Il massimo impegno creativo nel campo della litografia furono le dodici grandi tavole con scene dei Promessi sposi, pubblicate da Ricordi tra il luglio 1828 e il febbraio 1830 e presentate, in esemplari acquarellati, all'Esposizione di Brera del 1830. Esse non erano collegate a un'edizione del romanzo, ma il formato e la qualità le destinavano al collezionismo e all'arredamento degli interni privati. L'accurato studio preparatorio per la composizione delle scene è testimoniato da ottanta disegni a matita e penna (Milano, Biblioteca nazionale Braidense) in cui il G. sperimentò diverse ambientazioni e varie disposizioni dei personaggi (Mazzocca, La progettazione, 1985). Data l'importanza di questa serie, che usciva in concorrenza con quella analoga realizzata da R. Focosi presso la litografia Vassalli, il G. e il Ricordi stipularono un apposito contratto (Sartori).

Il pubblico non mancò di premiare questa iniziativa editoriale, favorita dall'enorme popolarità del romanzo. La serie raccolse molti consensi da parte della critica coeva, che sottolineò l'interpretazione "tradizionale" fornita dal G., "l'accurato studio del vero e de' costumi dell'epoca, una semplicità di comporre unita a certo fare epigrammatico" (L'Eco, 10 dic. 1828). Gli studi più recenti individuano nelle litografie gli echi della pittura seicentesca ed evidenziano il carattere drammatico, patetico e "devoto" dell'interpretazione (Mazzocca, Quale Manzoni?…, 1985). La fortuna di queste tavole è confermata dalla loro traduzione in una serie di acquetinte di F. Corsi pubblicate a Firenze da V. Batelli verso il 1832-33.

Desiderando avviare un'attività autonoma, nel 1825 il G. richiese al governo l'autorizzazione a impiantare un torchio calcografico per stampare l'Ingresso di Francesco I in Milano nel 1825 e, nel 1926, ottenne la patente, che poi non utilizzò. Nel 1829, invece, ottenne una specifica patente per l'apertura di una litografia, cosa che fece nel 1833 affidandone la direzione all'esperto S. Brison.

Nel 1831 il G. espose a Brera tre ritratti equestri, oltre a due lavori aventi come soggetto la figura del cavallo. Tali opere suscitarono valutazioni contrastanti (Aristarco notò un insufficiente rispetto dell'anatomia), ma gli procurarono commissioni da parte della nobiltà lombarda tanto che, anche nel 1832 e nel 1841, presentò altri ritratti equestri all'Esposizione di Brera. Nel 1834 vi espose Agar nel deserto con Ismaele moriente di sete (Brescia, Pinacoteca Tosio Martinengo), che riscosse particolare favore e fu riprodotto da un'incisione del Bonatti nel 1836.

Nel 1835 e nel 1836 lavorò a lungo per la contessa Giulia Samoilov nata Pahlen che l'aveva incaricato di decorare alcune pareti del suo palazzo milanese. Per il prolungarsi di questo impegno, il G. ritardò l'esecuzione dei dipinti a encausto sulle pareti e le volte del palazzo del marchese Sigismondo Ala Ponzone nel centro di Cremona, edificio ampliato negli anni Trenta, dove egli, su richiesta del committente, raffigurò scene mitologiche e figure allegoriche: la fitta corrispondenza del G. col marchese è conservata presso l'Archivio di Stato di Cremona; mentre i bozzetti sono al Museo civico (Ferrazzi).

I dipinti di soggetto storico e letterario esposti in quegli anni a Brera (in tutto una dozzina e di ubicazione ignota), oltre alla conquista del continente americano (Colombo, 1830; Pizarro che salva dal furore dei suoi soldati Ataliba re dei Peruviani, 1834) toccano fatti e personaggi italiani ed europei. In vari casi il G. colse il protagonista nella parabola discendente della sua vicenda umana, in una circostanza drammatica o patetica: per esempio nei dipinti raffiguranti Il bravo di Venezia, tolto dall'ultima scena del romanzo di Cooper, ossia quella della sua morte (1834); Il Correggio negli ultimi giorni di sua vita (1855); L'esilio di Maria de' Medici (1856); P.P. Rubens e sire Michel de Montaigne in Ferrara (1847), che rappresenta il drammatico incontro con T. Tasso durante la visita all'ospedale dei Pazzi, opera riprodotta dal fratello del G., Sigismondo (Mazzocca, 1980).

Nel 1838 il G. sposò la milanese Giovanna Balestrini, di ventun'anni più giovane di lui, dalla quale non ebbe figli. Nel 1840 acquistò un palazzo a Cremona e vi si trasferì, certamente indotto dalle numerose commissioni che riceveva nella sua città, ma mantenne vivi i legami con l'ambiente artistico milanese. Nei primi anni Quaranta eseguì diversi affreschi di soggetto mitologico e allegorico nel palazzo Barbò a Cremona (Ferrazzi), il più noto dei quali è il medaglione del soffitto con Venere assunta all'Olimpo dalle Stagioni, di cui presentò il bozzetto a Brera nel 1841 (Gazzetta di Milano, 15 ott. 1841).

Nella medesima occasione espose la pala con S. Filippo Neri realizzata per la chiesa cremonese di S. Abbondio. Altre opere eseguite a Cremona sono l'affresco della cupola di S. Agata (1851), la tela col Battesimo di Cristo per il battistero, mentre varie tele, disegni e litografie sono conservati al Museo civico e al palazzo vescovile. A Cremona il G. guidò alcuni allievi, tra cui A. Rinaldi e V. Speltini, nei primi studi del disegno.

Probabilmente nel 1841 eseguì per l'editore cremonese De Micheli una serie di litografie, riferite alle vicende dell'Ettore Fieramosca, che stampò a Milano presso S. Brison, cui aveva ceduto il suo stabilimento litografico l'anno prima.

La sua partecipazione alle vicende risorgimentali è testimoniata da alcune litografie del 1848 e dal dipinto Assalto degli zuavi alla porta di Melegnano e morte del colonnello Poulze d'Yvoi, 8 giugno 1859 (Merate, collezione A. Brivio Sforza: Storia di Milano, XIV, Milano 1960, p. 661 fig.). Nel 1854 fece ritorno a Milano e nel 1868 divenne conservatore del Museo archeologico, istituito sei anni prima nel palazzo di Brera, incarico che mantenne sino alla fine della vita.
Il G. morì a Milano il 14 dic. 1874.

Fonte: GALLINA, Gallo-Dizionario Biografico degli Italiani , voce curata da D. Falchetti Pezzoli

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