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Foto Fiorenza

Ente

fotografo

Firenze, Via del Proconsolo


«Foto Fiorenza» fondata da due amici — Mario Cecchi e Aldo Checcucci, classe 1909 — che nel 1928 decisero di intraprendere l'attività di fotografi, soprattutto sportivi, durata sessant’anni insieme, migliaia e migliaia di fotografie che un po’ per colpa dell’Alluvione del ‘66, un po’ per scelte dettate dalle emozioni di una vita sono state perse o si trovano sparse nelle case dei fiorentini.
Nel 1987 muore Aldo Checcucci e l'anno seguente Mario Cecchi decide di chiudere.






Biografia   

Firenze - Via del Proconsolo


«Foto Fiorenza» si chiamava quella bottega, a suo modo magica, dove fino al 1988 sono stati fissati su carta i volti e gli attimi di una città che cambiava velocemente, insieme ai suoi campioni. Oggi, grazie al libro Foto Fiorenza, cuore e memoria dello sport fiorentino di Matteo Cecchi, il nipote di uno dei due soci, e Filippo Canali (153 pagine, Apice libri, 15 euro) è possibile rivivere quel pezzo di storia. Racconti, ma soprattutto tante immagini, alcune delle quali sono entrate nella memoria collettiva. Come quella della sforbiciata di Carlo Parola in un Fiorentina-Juventus 0-0 del 15 gennaio 1950. Nel 1965 l’illustratore Wainer Vaccari la fece diventare simbolo delle raccolte di figurine Panini e da lì si è trasformata in un tratto distintivo, un’icona, dell’infanzia-adolescenza (e non solo) di generazioni di italiani. Sulla paternità di quella foto, assegnata al reporter Carlo Banchi, ci sono versioni contrastanti. Una cosa però è certa: fu esposta con la scritta «Foto Fiorenza» la sera stessa del 15 gennaio 1950. «Tra l’altro — ricorda Matteo Cecchi — Banchi era un collaboratore di mio nonno e di Checcucci».

L’Alluvione e la chiusura nel 1988
In sessant’anni di lavoro gomito a gomito Mario e Aldo («più creativo e giuggiolone il primo, più pragmatico e fumino il secondo»), si fermarono solo in tre occasioni: per fare il militare, nel periodo della Seconda Guerra Mondiale e per l’Alluvione. Proprio il terribile 4 novembre del 1966 diede il primo colpo ferale all’archivio, che era quasi per intero lì, in un soppalco di via del Proconsolo: «Fu completamente disperso tra i flutti». L’acqua sommerse il negozio per circa due metri e travolse tutto. Cecchi e Checcucci, però, non più giovanissimi, decisero di andare avanti. In quei locali, dove i fiorentini passavano anche per farsi immortalare in ritratti di famiglia o per le foto tessera, c’erano le loro passioni, il loro occhio sulla città e sul mondo. Nel 1987 però Aldo morì e per un po’ Mario proseguì da solo, fino al 1988. Quando decise di abbassare il bandone e di regalare ai propri dipendenti (reporter, assistenti, garzoni e fattorini) l’intero archivio. «Un gesto — sottolinea Matteo Cecchi — che potrebbe oggi facilmente essere scambiato per follia, ma che rientra appieno nella mentalità dei vecchi fiorentini, capaci di condividere tutto ciò che possiedono»

Gli eredi che si ritrovano
E qui inizia un nuovo capitolo della storia: i discendenti di Cecchi e Checcucci che si ritrovano, quasi trent’anni dopo e grazie a un annuncio di Matteo sul gruppo Facebook «Vecchia Firenze nostra», per condividere quello che è sopravvissuto (in vecchie valigie o in scatoloni lasciati in soffitta) degli scatti di «Foto Fiorenza». Un primo risultato è il volume pubblicato dalla Apice libri. Ma c’è anche l’idea di creare un’associazione culturale legata al nome della bottega di via del Proconsolo, dove il tempo si fermava, in un gol. O in una sforbiciata.

Questa è la storia di una bottega che stava in via del Proconsolo, «a due passi dal culo del duomo»; ma anche di due amici — Mario Cecchi e Aldo Checcucci, classe 1909 — che nel 1928 decisero di intraprendere un’avventura fatta di macchine fotografiche, cavalletti, negativi, partite di calcio vissute a bordo campo, gol, scudetti. Sessant’anni insieme, migliaia e migliaia di fotografie che un po’ per colpa dell’Alluvione del ‘66, un po’ per scelte dettate dalle emozioni di una vita sono state perse o si trovano sparse nelle case dei fiorentini.

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