Biografia
Giacomo Puccini
22 dicembre 1858
Lucca
29 novembre 1924
Bruxelles
Autore di alcune tra le opere più rappresentate al mondo, Giacomo Puccini è il compositore italiano che più di altri ha saputo navigare le sfide della modernità agli albori del ventesimo secolo. Tra i titoli entrati a far parte del repertorio stabile dei teatri di ieri e di oggi si segnalano La bohème (1896), Tosca (1900), Madama Butterfly (1904) e Turandot (1926).
1858-1883
Gli studi
Prima che Giacomo Puccini vi nascesse il 22 dicembre 1858, Lucca era una città “pucciniana” già da cinque generazioni. I Puccini erano stati maestri di cappella e organisti per oltre un secolo; dunque, non stupisce che i primi anni di vita di Giacomo siano nel segno degli studi musicali, prima all’istituto musicale della città, poi al Conservatorio di Milano. Introdotto ai circoli scapigliati dall’amico compositore Alfredo Catalani, anch’egli di Lucca, a Milano Puccini si lascia ispirare dalla sapienza operistica di Amilcare Ponchielli, dalle lezioni di storia della musica di Amintore Galli e, ovviamente, dalle serate nei teatri meneghini. Da studente scrive prima un Preludio sinfonico (1882), poi un Capriccio sinfonico come esame finale per il diploma di composizione (diretto da Franco Faccio il 14 luglio 1883).
1883-1892
Il debutto e gli Scapigliati
Puccini debutta sui palcoscenici operistici con Le villi, bocciata dal Concorso Sonzogno del 1883 ma notata dal talent-scout più celebre dell’epoca, l’editore Giulio Ricordi. Una semi-improvvisata raccolta fondi organizzata dagli Scapigliati garantisce a Puccini l’esecuzione della sua prima opera al Teatro Dal Verme il 31 maggio 1884, ed è subito successo. Ricordi commissiona subito a Puccini una seconda opera: Edgar debutta al Teatro alla Scala il 21 aprile 1889, ma l’opera avrà bisogno di diverse aggiustature e non entrerà mai veramente in repertorio.
1893-1896
I primi successi
Edgar sarà l’unico fallimento della carriera di Puccini, perché la messinscena della sua nuova Manon Lescaut (Torino, Teatro Regio, 1° febbraio 1893) negli stessi giorni in cui a Milano debutta l’ultima opera di Giuseppe Verdi (Falstaff) ne sancisce più o meno esplicitamente lo status di erede del vecchio maestro. Teatro di un successo straordinario con Manon nel 1893, tre anni dopo il Regio di Torino sarà ancora sede di debutto di un capolavoro pucciniano come La bohème (1° febbraio 1896, dirige Arturo Toscanini). Nata tra la confusione della rivalità per il soggetto del libretto tra Puccini e l’odiato Leoncavallo, La bohème – gioiello perfetto di drammaturgia musicale tra naturalismo e sentimentalismo – catapulta Puccini sulla scena mondiale e da allora ne fa uno dei compositori italiani più celebrati di sempre.
1900-1904
Tra realismo e sperimentazione
Dopo La Bohème, Puccini continuò a sperimentare e innovare, cercando soggetti che fossero al tempo stesso nuovi ed “esotici” per il pubblico italiano ma anche supportati da un grande realismo psicologico. Tosca (Roma, Teatro Costanzi, 14 gennaio 1900) e Madama Butterfly (Milano, Teatro alla Scala, 17 febbraio 1904) sono altre due pietre miliari del catalogo pucciniano, con la loro intensa drammaticità e i temi di sacrificio e destino tragico. Puccini è ora un compositore di fama mondiale: il suo ruolo nel rinnovamento del repertorio operistico italiano sarà al centro delle animate discussioni con l’editore Ricordi.
1910-1918
Nuovi mondi e nuove forme
Dopo la Roma napoleonica di Tosca e il Giappone di Butterfly, i luoghi che fanno da cornice tragica alle eroine pucciniane si allargano nel 1910 agli Stati Uniti con la California della Fanciulla del West (New York, Metropolitan Opera, 10 dicembre 1910). Il viaggio oltreoceano è motivo di orgoglio per Puccini, festeggiato dal pubblico newyorchese e in completa ammirazione del progresso tecnologico Made in USA, ma è anche l’ennesima causa di crisi depressive che si riverberano nei rapporti burrascosi con la moglie Elvira – al di fuori delle protagoniste delle sue opere, con le molte donne che lo circondano il compositore ha una relazione di altalenante impegno e fiducia. Impegno e fiducia che pure iniziano a mostrare le prime crepe con l’editore Ricordi, dal quale Puccini prende una temporanea “pausa di riflessione” allorquando gli si presenta la generosa offerta, nel 1913, di scrivere un’operetta per Vienna. Con lo scoppio della Prima guerra mondiale, le trattative con Vienna si fermano e Puccini ha fra le mani non più un’operetta, bensì una commedia lirica di cui Ricordi non sa che farsene. La rondine, così viene intitolata (Grand Théâtre de Monte Carlo, 27 marzo 1917), sarà l’unico titolo pucciniano pubblicato dall’editore Sonzogno. Il gusto per la commedia musicale rimane anche in una delle tre opere che compongono il Trittico col quale il compositore ritorna a lavorare con l’editore milanese, quel Gianni Schicchi di dantesca memoria a cui vengono affiancati il dramma quasi-espressionista Il tabarro e l’esaltazione mistica di Suor Angelica (New York, Metropolitan Opera, 14 dicembre 1918).
1919-1924
Il modernismo di Turandot e gli ultimi anni
A partire dal 1919, l’acuirsi delle tensioni politiche in Italia e la ricerca di un nuovo soggetto da mettere in musica mettono a dura prova la forza fisica del maestro. Inizia a lavorare a una favola settecentesca scritta da Carlo Gozzi e ambientata in una Cina delle favole; non riuscirà mai a finirla, perché un attacco cardiaco – complicazione di un’operazione chirurgica che avrebbe dovuto rimuovergli un cancro alla gola – lo stronca in una clinica di Bruxelles il 29 novembre 1924. Alla prima della Turandot al Teatro alla Scala, il 25 aprile 1926, l’amico direttore d’orchestra Arturo Toscanini sceglierà di interrompere l’opera prima del duetto finale, rivolgendosi commosso al pubblico con le parole «Qui finisce l’opera lasciata incompiuta dal Maestro, perché a questo punto il Maestro è morto». Nel silenzio della sala, qualcuno gridò «Viva Puccini!»